Articoli
interessanti:
La vera particella di Dio
A proposito di viaggi
d'istruzione
Ricette per la
crescita: più ingegneri e meno filosofi
Chi sono i nemici della scienza?
Quei nostri ragazzi che non sanno argomentare,
spiegare e motivare
Miracolo al liceo.
Prof Santo Subito!!!
Furbetto vs Gabbato
Il pellegrino e i tre
spaccapietre
Dal libro
CHI SONO I NEMICI DELLA SCIENZA?
GIORGIO ISRAEL
Professore ordinario di Matematiche complementari
Università ”La Sapienza” di Roma
Ho di fronte il pacco delle prove scritte di esame
per il mio corso universitario. Le ho corrette e le
sto soppesando per decidere il voto finale, tenendo
conto di considerazioni comparative. Mi cade
soprattutto l'occhio su due compiti. Trattandosi di
matematica è rilevante che il risultato finale sia
corretto. Entrambi i compiti risolvono il problema
posto e determinano la soluzione esattamente, anche
dal punto di vista numerico. Tuttavia, differiscono
per un aspetto fondamentale.
Uno dei due si limita a riportare i calcoli l'uno
dopo l'altro, omettendo anche diversi passaggi, non
spiega praticamente nulla della concatenazione
logica dello svolgimento, è quasi afasico e quando
si degna di concedere qualcosa alle parole ricorre
alla «stenografia» del tipo «xché» (= perché), «xciò»
(= perciò), «+» (= più), ed è scritto oltretutto con
geroglifici che mettono a dura prova la pazienza.
L'esegesi del testo
compiuta dal docente fa ritenere che lo studente
abbia avuto in testa il ragionamento corretto, ma è
soltanto un'ipotesi: potrebbe benissimo aver copiato
alcuni passaggi sparsi senza sapere esattamente cosa
stesse scrivendo. L'altro compito, al contrario, è
perfetto:
tutti i passaggi sono spiegati in buon italiano,
nulla è affidato all'interpretazione del docente, lo
svolgimento è completamente trasparente ed è scritto
senza invenzioni stenografiche e persino in buona
calligrafia.
Non esito molto: attribuisco il voto di trenta
trentesimi al secondo compito e invece al primo
ventisei trentesimi, riconoscendogli comunque
qualche merito.
Il giorno successivo ricevo gli studenti per
comunicare loro il voto e discutere con loro il
compito. Lo studente del ventisei si irrita subito e
contesta il voto vivacemente:
- Non capisco perché non mi abbia dato trenta. Il
risultato è giusto, oppure no? E allora? Che cosa
manca?
- Manca una
spiegazione decente di quel che lei ha fatto. Per
quel che risulta da quanto ha scritto, potrebbe
essere pervenuto al risultato per caso, senza capire
quel che faceva, o addirittura copiando. Do per
scontato che questo non sia avvenuto, ma resta il
fatto che lei non è stato capace di spiegare quel
che stava facendo. È un compito afasico,
scritto malissimo, in
pessimo italiano, sembra opera di un analfabeta.
- Ma qui siamo in un corso di laurea di matematica -
replica il candidato con tono arrogante - che me ne
importa dell'italiano? Io ho scritto le formule che
servono, sono giuste, il risultato finale è
corretto. Punto e basta.
-
Spiegare il
ragionamento logico che sta dietro alla
concatenazione dei calcoli non è una cosa
secondaria, e spiegarlo con un linguaggio corretto
non è meno importante.
Cosa intende fare nella vita? L'insegnante? E cosa
farà? Sbatterà agli studenti delle formule sulla
lavagna, accompagnandole con segni o suoni
indistinti, senza spiegare nulla a parole? Ma anche
se dovesse lavorare in un'azienda o un'industria, le
si chiederà prima o poi di scrivere un rapporto e
allora cosa farà? Scriverà alcune parole
frammentarie inframmezzate da qualche «xché»?
Lo studente si ostina, si incaponisce, alza persino
la voce, non vuol intendere ragioni. Lui ha in mano
un risultato «giusto»; della logica e
dell'espressione linguistica non gliene importa un
accidente; vuole un trenta e basta. Frenando
l'irritazione, ricorro allora ad un argomento
«etico»:
- Guardi allora
questo compito a fronte del suo:
è perfetto, tutto è
spiegato in modo ineccepibile. Il confronto
penalizza il suo in modo pesante. Mi spieghi perché
mai dovrei attribuire lo stesso voto a lei e alla
signorina che ha fatto questo compito? Sarebbe
un'ingiustizia plateale e
nessuno ha ancora
abolito la scala di merito introducendo il voto
unico per decreto.
Nulla da fare. La
discussione diventa spiacevole e il tono dello
studente sempre più aggressivo.
Egli è impermeabile
all'idea di trovarsi di fronte a un insegnante la
cui funzione è proprio quella di valutarlo e che,
fatto salvo il suo diritto di avanzare obbiezioni, è
ragionevole per lui ascoltare le critiche e imparare
qualcosa.
da tuttoscuola.com
venerdì 26
novembre 2010
Quei nostri ragazzi che non sanno argomentare,
spiegare e motivare
Invalsi. La scarsa competenza testuale
danneggia gli esiti in matematica
Nel rapporto
Invalsi sulle prove di matematica dell’esame di Stato 2009, pubblicato
oggi, sono molti gli spunti di riflessione che emergono dall’analisi
condotta da correttori che hanno ricorretto e ri-valutato quanto già
avevano fatto i commissari. Spunti di riflessione che, riferiti ai tre
aspetti di base della materia trattata (conoscenze specifiche,
competenze nell'applicare procedure e concetti, capacità logiche e
argomentative) possono aiutare in particolare gli insegnanti a ripensare
modi e strategie di apprendimento. Secondo le risultante della
correzione Invalsi, ad esempio, i ragazzi mostrano evidenti difficoltà
nella gestione della scrittura simbolica
Dalla relazione
di sintesi, risulta che "L'analisi più fine delle risposte dei ragazzi
ha messo in luce come le maggiori debolezze dei nostri ragazzi si hanno
quando viene loro richiesto di
argomentare, spiegare, motivare le proprie affermazioni; e che
molte difficoltà derivano dalla incapacità di
leggere, comprendere,
decodificare adeguatamente testi di varia natura.
Questo è
confermato anche dal collegamento con la ricorrezione della prova di
italiano, dove i correttori hanno rilevato diverse competenze: testuale,
grammaticale, lessicale-semantica, ideativa, ognuna individuata
attraverso specifici indicatori. Tra queste competenze, quella che è
maggiormente correlata agli esiti in matematica è la competenza
testuale.
Questo
rilevante elemento di criticità, messo in evidenza grazie allo studio
Invalsi, emerso anche nei test di ingresso alle nostre università e ora
confermato anche nel rapporto sulle prove di matematica, non può non
costituire oggetto di riflessione soltanto da parte degli insegnanti
della secondaria superiore ma dovrebbe coinvolgere anche i docenti degli
ordini scolastici inferiori, a cominciare, forse, da quelli della scuola
primaria
Miracolo al
liceo. Prof Santo Subito!!!
a.s. 2009/10 Prof. Ernano Ventilii
Che doveva fare il mio docente di matematica del liceo 35 anni fa
? Spiegare matematica!!
Spiegare matematica in un liceo allora significava fornire
quattro esempi e poi toccava a noi soprattutto seguire la lezione, essere
in grado di capire i concetti, comprendere il contesto, trattenere il percorso
logico e conseguire l’abilità matematica sottostante cioè in una parola
apprendere quanto svolto.
La necessità di mantenere la disciplina nelle classi era ridotta
all’osso; l’energia del docente era spesa al 90% per lo svolgimento della
lezione e solo il 10% per richiamare all’attenzione e al lavoro i più riottosi
(che poi sarebbero stati prontamente bocciati a giugno)
Ma oggi, 35 anni dopo, nell’era dei sms, di internet, dei
videogiochi, della televisione a palla a tutte le ore, degli ipod perennemente
accesi, ecc. … che deve fare un docente di matematica del liceo oggi? Spiegare
matematica!! Ovvio che occorra spiegare matematica ma oggi non basta più.
Il professore oggi spende il 10% delle sue energie nel
preparare la lezione, infatti non deve solo conoscere l’argomento (parabola,
circonferenza, ecc) nella sua collocazione astratta nella Matematica, non deve
solo saper “incarnare” tale argomento nel concreto percorso della classe, deve
anche tener conto di quali conoscenze vanno richiamate e quali vanno fornite
come nuove, inoltre deve stimare i tempi da utilizzare in classe e i tempi che
verranno richiesti all’alunno a casa per apprendere i concetti e svolgere le
esercitazioni assegnate.
Dopo questo lavoro teorico di preparazione della lezione svolto a
casa, all’insegnante tocca ora entrare in classe (purtroppo!!!) dove spenderà il
90% delle sue energie in “babysitteraggio”
Oggi nell’era dei sms, di internet, dei videogiochi, della
televisione a palla a tutte le ore, degli ipod perennemente accesi, ecc. …
mantenere l’attenzione attiva di 20/25 alunni su un argomento di matematica è
come guidare un tiro alla diligenza di cavalli selvatici (chi va di qua, chi di
là, chi corre, chi scalpita, chi si pianta,…) o come un domatore di tigri
durante lo spettacolo non ti puoi distrarre un attimo: da un momento all’altro
arriva una zampata e da chi meno te lo aspetti!!!
Oggi per un docente “spiegare matematica” in un liceo significa
soprattutto spendere il 90% delle energie per organizzare i presupposti
affinché ogni ragazzo possa seguire la lezione, possa essere in grado di
capire i concetti, comprendere il contesto, trattenere il percorso logico e
conseguire l’abilità matematica sottostante cioè in una parola possa
trovarsi nelle condizioni per apprendere quanto svolto, tale azione l’ho
chiamata di “babysitteraggio” e consiste in:
·
richiami continui all’attenzione minima
“guarda qui e non fuori la finestra”, “girati verso la lavagna e non disturbare
il compagno” ecc (vi risparmio l’elenco lunghissimo delle scuse ma vi consegno
solo alcune perle “ho visto un’ape”, “c’è una mosca”, “mi serve la squadra per
disegnare la circonferenza”, “mi ha preso l’astuccio”, ecc)
-
sollecitazioni alla partecipazione attiva
“scrivi il testo dell’esercizio”, “copia l’esercizio svolto alla lavagna”,
“prova a svolgere il passaggio in anticipo”, anche qui le risposte sono “o
scrivo o capisco” [poi risulterà che non ha capito e non ha scritto], “si è
finita la penna” [ma che coincidenza durante le mie ore finiscono sempre
le penne], “l’ho appena scritto” [e tu “ma davvero? bravo!!” e poi controlli e
scopri che, si aveva finito, ma era l’esercizio di 15 minuti prima], ecc.
·
azioni di supporto alla didattica
(tipica degli insegnanti di sostegno) in merito alla percezione visiva, uditiva,
tattile e non solo: alla lavagna sono tracciate due rette perpendicolari e
invece sul quaderno sono parallele; tu assegni gli esercizi e se non li scrivi
alla lavagna si solleva un coro di “pagina?”, “numero?” “non ho capito!!”, “per
quando?”; nel mezzo della spiegazione si solleva una mano [e tu pensi
“finalmente una domanda”] “posso aprire la finestra, sento caldo” [illuso!!!]
l’alunno sente caldo!! per forza, indossa la sciarpa, il maglione di lana e il
giubbino di pelle, due minuti dopo, appena hai ricondotto la classe nel mezzo
della spiegazione di prima, si solleva una altra mano [e tu pensi “ ecco,
finalmente una domanda”] “posso chiudere la finestra, sento freddo” [illuso!!!]
e già, l’alunna sente freddo, per forza!! indossa una maglietta “a vita alta”,
un pantalone “a vita bassa” e delle ballerine di raso in pieno inverno [ma chi
li veste ‘sti figli!!!!!, non li vede nessuno uscire di casa costì conciati??];
ma si riprende la lezione e proprio nel passaggio riepilogativo di tutto il
lavoro, proprio quando pensi che sia il momento culminante della tua lezione,
proprio quando sei al vertice della commozione per quanto stai per concludere,
proprio adesso si solleva una altra mano [e tu pensi “o no, una domanda proprio
ora”] “posso andare al bagno” e tu “ma certo, siamo qui per questo!!!” e poi
rassegnato concludi l’”emozionante lezione” dicendo “bene la formula che
dovete usare si trova a pagina xxx” e la classe solleva un coro di
“pagina?”, “numero?” “non ho capito!!”, “per quando?”.
·
opera di educazione alla civile convivenza,
provi a ricordare che è normale, in un ambiente di civile convivenza salutare
ordinatamente chi entra in classe, non parlare a voce alta durante le pause, non
uscire in massa dall’aula nei cambi d’ora, non disturbare mentre l’altro
(docente o alunno) parla con rumori inutili quali soffiarsi il naso di continuo
e in modo smodatamente rumoroso, tossire in continuazione a bocca aperta,
battere ritmicamente la matita sul banco, cliccare nervosamente la penna a
scatto anche qui le scuse “non stavo urlando” [ci mancherebbe altro], “sono
uscito perché dovevo andare la bagno” [ogni cambio d’ora e in 27?], “tossisco e
mi soffio il naso perché sono malato” [resta a casa e non diffondere il virus
oppure impara a soffiarti il naso meno rumorosamente e a tossire meno
maleducatamente], “mi scusi sono nervoso, clicco la penna come antistress” [ma
così stressi me!!]
E qui, dopo questa ampia premessa, veniamo alla vicenda che ha
motivato il titolo.
La lezione, bada bene PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR di recupero visto
il disastroso compito, procede PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR con fatica, i tempi CLIC
CLIC CLIC si stanno
ETCHIUUUU!!!
dilatando
PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR oltre ogni TAC TAC TAC speranza, non
ETCHIUUUU!!!
penso che PRRRRRRRRRRRRRRRRRRR riuscirò a richiamare
PRRRRRRRRRRRRRRRRRRR quanto è necessario PRRRRRRRRRRRRRRRRR prima del prossimo
PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR compito; BASTA!!! dopo l’ennesimo (10 in mezz’ora di
lezione) soffiaggio di naso (con suono a 120 decibel di durata 20 secondi
abbondanti) il docente irroga una nota disciplinare all’alunno che ritiene di
potersi comportare in classe come non si comporterebbe non dico in chiesa, a
teatro o al cinema ma neanche in fila alla Posta.
Perché il titolo?
Questo sarebbe già un miracolo, un docente che prende a
cuore l’educazione globale dei propri alunni, un docente che ritiene di dover
dire la sua non solo sulla capacità dell’alunno di operare nell’ambito della
geometria analitica ma anche sulla capacità dello stesso alunno di “leggere” gli
ambiti e gli ambienti della società civile, un docente che intende non solo
“trasmettere” quattro concetti di matematica ma vorrebbe comunicare una
“umanità” attenta alle situazioni e al rispetto dell’altro; un docente che
vorrebbe condurre [ex-ducere] gli alunni alla razionalità cartesiana del
cogito ergo sum [penso e perciò sono] nelle diverse circostanze della vita e
non lasciare questa generazione nel diffuso istintivistico faccio ciò che
voglio quando voglio e come voglio.
Ma come sappiamo, per la Chiesa Cattolica, un
miracolo è una guarigione inspiegabile, inattesa, istantanea ed eccoci,
finalmente, al motivo del titolo: dopo la nota è accaduto che PRONTAMENTE,
INSPIEGABILMENTE, ISTANTANEAMENTE E DEFINITIVAMENTE nessuno ha più tossico,
nessuno si è soffiato il naso, nessuno ha sofferto di stress, nessuno è
risultato incapace di trattenere gli sfinteri LA GUARIGIONE DELL’INTERA CLASSE è
STATA TOTALE, COMPLETA E FULMINEA:
un miracolo!!!!!!
Un solo
grido si solleva:
PROF. SANTO
SUBITO!!!!
torna su
"Furbetto" vs "Gabbato"
a.s. 2009/10 Prof. Ernano
Ventilii
E' chiaro che nella mia azione didattica mi rivolgo ad un
alunno che collabora fiducioso
con l'insegnante, un ragazzo/a che vuole imparare, una persona che è curiosa e
presente, che non ha paura di sbagliare e di sporcasi le mani con ciò che gli
sta attorno (lo studio per primo).
Non mi rivolgo certo al
"furbetto" che ha per obiettivi programmatici:
-
lagnarsi di ogni
cosa che gli si propone :<<è difficile>>, <<è
lungo>>, <<ma a che serve?>> (che non è una domanda sbagliata se uno
domandasse per sapere veramente), <<ma nella vita non userò mai l'equazioni
di 2° grado!!>> ( di sto passo non usi neanche il cervello: buttalo via) ;
-
tentare di "fregare" il professore
in ogni modo con "copiette" al compito, con assenze "strategiche", entrate e
uscite "calibrate"; ecc
-
vivere il più defilato possibile
(sic! se per lui è vita!) eludendo ogni impegno e responsabilità;
-
"attendere" e proiettare nel futuro la sua vita,
questo alunno vive (sic!) nella
spasmodica attesa del suono della campanella ora per ora, è in attesa della
fine delle lezioni fin dalle otto del mattino, è in attesa della fine
dell'anno scolastico già da settembre, non vede l'ora di finire il liceo già
all'atto dell'iscrizione al primo anno.
Di un "personaggio" cosi non so che farmene. Di attesa
in attesa si troverà a voler finire l'Università già da matricola, desiderare la
pensione appena inizia a lavorare e appena andrà in pensione non vedrà l'ora di
andare nella ...... TOMBA!!!!
Che ne ha fatto lui/lei della sua vita? Rimandando
sempre a un domani il momento di entrare nel vivo della propria vita si troverà
ad essere morto/a senza neanche accorgersi che
stava vivendo "oggi" e non "domani"
Il "furbetto" vive (sic!) la vita in modo sereno
infatti quando questo suo comportamento dettato dalla
filosofia lagnati-frega-scappa-proietta
lo porta a dover sbattere in faccia alla realtà e rischiare di subire pesanti
conseguenze allora tocca ancora agli altri andare in soccorso del "furbetto" ;
toccherà al "gabbato", facendo l'ulteriore figura del "fesso", assumersi ancora
una volta quella maturità che la situazione richiede (e che il "furbetto non ha
usato) per togliere il "furbetto" dai guai.
Epilogo: il "furbetto"
salvato dal "gabbato" non dice neanche <<grazie>> e già pensa come fregarlo di
nuovo.
Nel passato sono stato spesso
gabbato da "furbetti" d'ogni quartiere, ero giovane, avevo energie e illusioni;
ho ingaggiato "battaglie" furibonde, alcune le ho vinte subito altre negli anni.
I "furbetti" diventati ex mi hanno ringraziato solo anni dopo e quelle erano
belle soddisfazioni.
Recentemente le forze mi
vengono meno, sono più cinico e baro; ho deciso: <<lascio i "furbetti" alla loro
sorte>> prima o poi il Mondo li educa o li spezza.....Ma poi ogni tanto "sbrocco"
e ritorna l'antico furore....
Per il futuro dipenderà da
come si opererà; certo i "furbetti" sono sempre più numerosi e agguerriti,
protetti da famiglie e potentati, cullati da questa mentalità del disimpegno;
sarà necessaria una azione coordinata e mirata da parte di più soggetti per
vincere le future (eventuali) "battaglie". Altrimenti non mi interessa più di
tanto......
.
.... fra pochi anni vado in pensione,
poi frequenterò la balera,
più in là la bocciofila,
poi qualche uscita in carrozzina
e infine.......
...........
......... la TOMBA!!
Accidenti!!!! Sono diventato "furbetto"
anch'io?
Il pellegrino e i tre spaccapietre
Durante il Medioevo, un pellegrino aveva fatto voto
di raggiungere un lontano santuario, come si usava a
quei tempi.
Dopo alcuni giorni di cammino, si trovò a passare
per una stradina che si inerpicava per il fianco
desolato di una collina brulla e bruciata dal sole.
Sul sentiero spalancavano la bocca grigia tante cave
di pietra. Qua e là degli uomini, seduti per terra,
scalpellavano grossi frammenti di roccia per
ricavare degli squadrati blocchi di pietra da
costruzione.
Il pellegrino si avvicinò al primo degli uomini. Lo
guardò con compassione. Polvere e sudore lo
rendevano irriconoscibile, negli occhi feriti dalla
polvere di pietra si leggeva una fatica terribile.
Il suo braccio sembrava una cosa unica con il
pesante martello che continuava a sollevare ed
abbattere ritmicamente.
"Che cosa fai?", chiese il pellegrino.
"Non lo vedi?" rispose l'uomo, sgarbato, senza
neanche sollevare il capo. "Mi sto ammazzando di
fatica".
Il pellegrino non disse nulla e riprese il cammino.
S'imbatté presto in un secondo spaccapietre. Era
altrettanto stanco, ferito, impolverato.
"Che cosa fai?", chiese anche a lui, il pellegrino.
"Non lo vedi? Lavoro da mattino a sera per mantenere
mia moglie e i miei bambini", rispose l'uomo.
In silenzio, il pellegrino riprese a camminare.
Giunse quasi in cima alla collina. Là c'era un terzo
spaccapietre. Era mortalmente affaticato, come gli
altri. Aveva anche lui una crosta di polvere e
sudore sul volto, ma gli occhi feriti dalle schegge
di pietra avevano una strana serenità.
"Che cosa fai?", chiese il pellegrino.
"Non lo vedi?", rispose l'uomo, sorridendo con
fierezza. "Sto costruendo una cattedrale".
E con il braccio indicò la valle dove si stava
innalzando una grande costruzione, ricca di colonne,
di archi e di ardite guglie di pietra grigia,
puntate verso il cielo.
(Bruno Ferrero).