“Sadayakko, la Duse del Giappone” di Carmen Covito

Ritratto di Sadayakko di Rupert BunnyIn una delle opere più celebri che rappresentano l’attrice Sadayakko — nei panni di Kesa, dipinta dal pittore australiano Rupert Bunny (1909) —, di lei scorgiamo la figura di spalle avvolta in un morbido kimono, l’obi di un rosa tenue, lo chignon di un nero denso come emergesse da una foschia malinconica. La luce è poca, ma calda, e scaturisce da una lampada che rischiara appena l’arredamento minimalista della stanza. Che espressione ha la donna nell’opera? Cosa sta provando? Non lo sappiamo.

Sembra, questa, una perfetta metafora per descrivere la condizione della sua protagonista: l’attrice nipponica più famosa dell’epoca, la cui vera identità è stata però spesso velata dagli stereotipi legati al Giappone, nonché da strategie di promozione per conquistare ancor meglio il pubblico.

Copertina del libro Sadayakko, la Duse del Giappone di Carmen CovitoNel suo recente Sadayakko, la Duse del Giappone. Cronache della prima tournée di teatro giapponese in Italia (1902) (CLUEB, 2023, pp. 420, € 28), Carmen Covito ci aiuta a darle un volto. Attingendo a numerose fonti, la scrittrice, traduttrice e studiosa ne ha ricostruito la sua vita, gli spostamenti e le tournée, con un’attenzione particolare a quella che l’ha fatta conoscere in Italia all’inizio del XX secolo. 

Unendo rigore scientifico a una scrittura incalzante e coinvolgente, l’autrice evidenzia come la performer abbia avuto una vita e una carriera del tutto peculiari. Nata a Tōkyō nel 1871, Sadayakko fu giovanissima geisha di talento, danzatrice, attrice nella compagnia teatrale del marito, diva dal magnetico fascino esotico, fino a incarnare un simbolo stesso del Giappone all’estero. 

Anche nel nostro paese – dove si esibì nella primavera del 1902, calcando i palcoscenici di diverse città – la sua presenza non passò inosservata. Non mancarono, naturalmente, i problemi di incomprensione verso un’arte sconosciuta dal momento che, come giustamente sottolinea Covito, “[i] critici italiani dovettero affrontare il compito spinoso di recensire un tipo di teatro che non avevano mai visto” (p. 144).

Ciononostante, gente comune, giornalisti e intellettuali accorsero ad ammirare Sadayakko: se Matilde Serao fu una delle prime a scriverne (peraltro, in modo lusinghiero), l’esigente Gabriele D’Annunzio si collocava addirittura “fra gli entusiasti” (p. 193). Merito, senz’altro, della leggenda di una presunta forte amicizia con Eleonora Duse, alimentata dall’impresaria dell’artista asiatica, la danzatrice Loie Fuller, nonché dai numerosi confronti fra le due. 

A Carmen Covito interessa soprattutto, però, evidenziare la singolarità della figura di Sadayakko: non fu una graziosa bambola esotica o una donna tacitamente subordinata al marito, ma una professionista che seppe far risuonare assieme corpo, voce, mimica, intelligenza, emotività, generando interpretazioni indimenticabili, capaci di travalicare le barriere culturali e linguistiche.

“A ogni gatto il suo autore” di Fabiola Palmeri

La loro presenza nella letteratura nipponica è discreta, ma costante; le tracce che hanno seminato sono numerose e variegate. D’altronde, è impossibile quantificare il numero di
gatti che da secoli popolano ogni genere letterario giapponese. Una cosa, però, è certa: sono senza dubbio le creature più amate da scrittori e scrittrici.

Proprio a loro Fabiola Palmeri ha dedicato il volume A ogni gatto il suo autore. Gatti e scrittori nel Giappone contemporaneo (Lindau, 2022), ricco di spunti e curiosità.


Il capofila, naturalmente, non poteva che essere l’anonimo protagonista di Io sono un gatto di Natsume Sōseki, uno dei più importanti romanzi dell’intera produzione giapponese. Il grande letterato prestò il suo lucido sguardo a questo animale ironico e filosofico, consapevole che:

“Il suo gatto sì, lui avrebbe potuto attingere al pensiero libero e criticare senza peli sulla lingua la società giapponese, così come esprimere riflessioni feline su tanti altri temi, come il comportamento e le idee delle persone del tempo, la vita familiare con i suoi obblighi e le sue consuetudini. Da felino perspicace avrebbe avvertito bene il greve influsso della cultura occidentale, ascoltato le opinioni del professore Kushami e dei suoi illustri amici sull’arte e la letteratura, la vita e la morte.”

E come dimenticare, poi, i moltissimi gatti di Murakami, a partire dalla sua opera d’esordio, Ascolta la canzone del vento, sino al racconto autobiografico Abbandonare un gatto?

Che siano bianchi o neri, sornioni o scontrosi, vivaci o malandati, nella produzione letteraria almeno dell’ultimo centinaio di anni, i felini, ci racconta Palmeri, hanno assunto tanti, significativi ruoli: catalizzatori di storie e aneddoti, alter ego dei personaggi, ispiratori.

Leggere il cuore: “La chiave” di Tanizaki Jun’ichirō

In un matrimonio, specie se di lunga durata, l’amore spesso si intreccia a sentimenti sfuggenti, rancori, resistenze.

Copertina del romanzo La chiave di Tanizaki Quello tra Ikuko e suo marito è esattamente così; nonostante i molti anni insieme, la tensione erotica fra i due rappresenta sempre un terreno problematico e irrisolto, tanto che la disimmetria delle aspettative sembra esser evidente e profonda, a tratti inconciliabile. Tutto ciò, senza dubbio, costituisce un’ottima ragione per iniziare a spiare i segreti dell’altra persona, quando (inavvertitamente?) questa lascia a portata di mano i propri segreti e i propri pensieri in un diario.

Grazie alle loro testimonianze scritte, apparentemente, della coppia sappiamo tutto o quasi: eppure, le singole versioni non sempre collimano. La realtà dei fatti è, in fondo, opaca non solo per chi legge, ma per i protagonisti stessi, che sono confusi e, al tempo stesso, affascinati da questa incertezza e dalla possibilità di manipolare le emozioni altrui.

quanto più la mia gelosia cresce tanto più ne traggo piacere e raggiungo l’obiettivo finale. (p. 78)

 

Ma chi davvero tenta di plagiare chi? E chi esercita controllo sul corpo e sui sentimenti dell’altra metà della coppia?

Forse mi stavo lasciando trasportare dall’immaginazione ma, continuando a fissare gli occhi di mio marito nella penombra, avevo la netta sensazione che in fondo a quello sguardo vago e offuscato si agitassero i fantasmi di notti passate…

 

Ne La chiave (trad. G. Coci, Neri Pozza, 2022), ormai un classico della letteratura giapponese, Tanizaki, con maestria, ci restituisce questo clima ambiguo e carico di pulsioni sessuali in cerca di una via di liberazione. Ma anche dotato di un potenziale dissolutorio e distruttivo terribilmente affascinante.

“Miti e leggende giapponesi” di Fabiola Palmeri

Copertina di Miti e leggende giapponesi di Fabiola PalmeriC’è stato un tempo in cui animali ed esseri umani avevano una lingua in comune, e in cui le dee scendevano sulla Terra e si bagnavano nelle sue acque, lasciando il loro meraviglioso abito di piume rilucere al sole.

C’è stata un’epoca in cui tutto era possibile: bambini alti un dan, oni da sfidare, draghi con gemme in testa, divinità ballerine.

Questo ci racconta Fabiola Palmeri nel suo Miti e leggende giapponesi (La Nuova Frontiera, 2023). Appare presto chiaro che si tratta più di affascinanti narrazioni dalle origini perse nella notte dei tempi: sono, infatti, ancora in grado di influenzare il nostro immaginario, dalla letteratura agli anime, e di far vibrare qualcosa di atavico dentro di noi. Complici, senz’altro, anche le meravigliose illustrazioni del volume firmate da André Ducci, che sanno proiettarci in una dimensione sognante e incantata.

Una divinità femminile si libra in voloAccompagnandoci con uno stile elegante e piano, che non risulta però mai didascalico, l’autrice ci trasmette l’essenza di questi racconti: il potere della curiosità, la bellezza della meraviglia, il desiderio di coltivare la gentilezza, la fiducia nella vita stessa.

 

Ps: vi consiglio anche un altro volume molto recente di Fabiola Palmeri, A ogni gatto il suo autore. Gatti e scrittori nel Giappone contemporaneo (Lindau).

 

Acqua e memorie: il manga “Dobugawa” di Aoi Ikebe

Lungo le rive di un piccolo canale malandato, niente di speciale sembra mai accadere: soltanto il tran tran di studenti e abitanti del pocopertina del manga Dobugawasto scandisce da anni le sue placide giornate.

Eppure, quelle anse così anonime diventano presto sfondo alle vicende, soprattutto interiori, di una serie di personaggi: un liceale che sogna di diventare astronauta, una ballerina in erba, una donna che nella cucina francese trova una ragione di vita…

Tra di loro c’è anche un’anziana che, proprio a quel paesaggio così apparentemente insignificante, ha legate molte delle sue più intense memorie. Quel tempo del ricordo si è fatto stagnante come le anse del fiumiciattolo: e ai giorni lontani, passati nell’elegante ma decadente dimora di famiglia assieme alle sorelle e a una chef tuttofare, ritorna con nostalgia costante.

Dobugawa di Aoi Ikebe (trad. Christine Minutoli, Bao Publishing, 2022, pp. 216, € 7,90) non è, però, un manga all’insegna della tristezza: incapsula, piuttosto, una vasta gamma di emozioni e stati d’animo – come tenerezza, orgoglio, desiderio di cambiare in meglio la realtà – spesso fugaci e pronte a scorrere via dalle mani come acqua. 

“Hen Kai Pan” di Yoshimizu Eldo

copertina del manga Hen Kai PanIn un’epoca indefinita — ma che assomiglia pericolosamente a quella in cui viviamo — l’equilibrio del nostro pianeta è sotto costante tiro degli attacchi umani. Guerre, incendi, minacce nucleari sono solo alcune insidie alle quali sembra non esserci un freno.

E così, quando gli Spiriti della Terra devono decidere del destino da riservare a questa e alla sua popolazione, le opinioni sono diverse. Sterminare ogni cosa o difendere la vita? E come punire il genere umano?

Asura sembra aver deciso da che parte stare: dopo un lungo, duro apprendistato ascetico, può ora diventare una dea della distruzione sotto la guida della Maestra Nila, che intende bonificare il pianeta in modo violento e assoluto.

L’incontro della guerriera con Pemajung semina in lei il dubbio: c’è possibilità di preservare la bellezza e la forza generatrice della natura senza intaccarle o sterminare chi, colpevolmente, l’ha corrotta?

Hen Kai Pan (trad. Valentina Vignola, Bao Publishing, 2022, € 10,90) di Yoshimizu Eldo è un manga venato di misticismo eppure estremamente diretto, come sottolineato dal suo stile minuzioso. Dedicato al fragile bilanciamento tra salvaguardia e devastazione da una prospettiva insolita e potente, ci ricorda — senza retorica — che siamo solo ospiti, e non padroni, di queste acque, di questo cielo, di questo mondo.

“Il sole di Hiroshima” ritorna il 6 agosto a Bologna!

Lanterne che galleggiano per l'evento Il Sole di HiroshimaFinalmente, dopo la sospensione dovuta al Covid, presso il Parco del Cavaticcio di Bologna, il 6 agosto ritorna “Il sole di Hiroshima”, una cerimonia con lanterne galleggianti per commemorare le vittime dell’esplosione atomica.

Come ricorda il comunicato stampa,

“L’evento di beneficenza, che quest’anno giunge alla sua decima edizione, è organizzato da Nipponica, festival di cultura giapponese […]. Nel corso dell’iniziativa chiunque lo desideri, con una piccola donazione, potrà ricevere una lanterna galleggiante in carta (certificata FSC) da personalizzare con una dedica, una preghiera o un disegno per ricordare un proprio caro o trasmettere un messaggio di auspicio. La cerimonia avrà inizio al calar del sole, quando tutti i partecipanti accenderanno le loro lanterne per affidarle alle acque del Cavaticcio. Il parco illuminato dalla luce tremolante di 1000 candele farà così da suggestiva cornice a un momento di raccoglimento personale, evocativo e toccante.

La celebrazione di quest’anno assume un significato ancor più rilevante perché rivolge la propria attenzione al conflitto in Ucraina. “Abbiamo sentito l’urgenza di ripartire e fare qualcosa di concreto per rispondere all’emergenza in Ucraina” ha dichiarato Matteo Casari, Direttore Artistico di
Nipponica. “Il Sole di Hiroshima è nato nel 2009 con l’intento di mantenere viva la memoria delle vittime piegate dalla tragedia atomica durante il conflitto mondiale. Una commemorazione più attuale che mai, se si considera il numero di persone che oggi, come allora, affrontano le atrocità
della guerra. Non possiamo e non vogliamo rimanere indifferenti davanti alle sofferenze della popolazione ucraina, cercando di essere accanto ai bambini, come da tradizione dell’evento” ha concluso Casari.

Proprio per essere vicini ai giovani studenti ucraini l’intero ricavato della serata sarà destinato a supportare uno dei progetti di IBO Italia. L’Organizzazione Non Governativa con sede a Ferrara, è attiva nel campo della cooperazione internazionale e presente in Ucraina da oltre dieci anni. La
somma raccolta finanzierà l’acquisto di cancelleria, zaini, libri e altro materiale didattico per le scuole della regione di Chernivtsi, che al momento accoglie oltre 100.589 profughi di cui oltre 33mila minori.

La cerimonia trae ispirazione da una delle più importanti ricorrenze giapponesi dedicata al culto degli antenati, la festa dell’Obon, dove ogni anno in estate la luce delle lanterne guida le anime dei defunti affinché possano ricongiungersi ai propri cari. In Giappone l’Obon si celebra attorno alla metà di agosto tranne a Hiroshima, dove proprio per ricordare le vittime della bomba atomica, si tiene il 6 del mese.

L’evento, a ingresso libero, inizierà alle 17:00 con due laboratori di calligrafia giapponese per bambini (dai 7 agli 11 anni) guidati da Giovanni Gamberi del Centro studi d’Arte Estremo Orientale di Bologna. Un’occasione per apprendere le tecniche di disegno della scrittura arcaica con pennello e inchiostro, arte viva e secolare che ancora oggi incarna uno dei principi estetici della cultura
giapponese.

Dalle 18:30 sarà possibile ritirare la propria lanterna (fino ad esaurimento), mentre dalle 19:00 si susseguiranno tre racconti di Kamishibai, a cura di Artebambini – Associazione Kamishibai Italia. Bambini e adulti potranno apprezzare la caratteristica forma di narrazione per immagini praticata dai cantastorie giapponesi con il supporto di tavole illustrate accompagnate da una parte testuale.

Oltre a leggere la storia, il narratore commenta le immagini e anima i personaggi con suoni e voci, dando vita a un vero e proprio spettacolo che rapisce l’attenzione degli spettatori.
Terminati gli spettacoli, a partire dalle ore 21.30 avrà poi inizio la cerimonia delle lanterne
galleggianti.

Inoltre, durante la serata, sarà possibile scegliere tra diversi piatti di differenti tipi di cucina,
ordinabili su DelEat, partner dell’iniziativa, e gustarli consegnati direttamente al Parco del Cavaticcio.

Il 10% del ricavato delle ordinazioni fatte tramite l’app di delivery andrà in beneficenza per sostenere i bambini di Chernivtsi e incoraggiarli nel loro percorso di formazione.

Il Sole di Hiroshima è ideato e organizzato da Nipponica, con il patrocinio del Consolato Generale del Giappone a Milano e in collaborazione con Centro Studi d’Arte Estremo Orientale e con l’Asia Institute dell’Università di Bologna. L’evento rientra inoltre nell’ambito di L’Altra Sponda – Bologna Estate 2022.”

Non mancate!

 

“Fiabe di letto” di Mori Yōko

Copertina della raccolta di racconti "Fiabe di letto" di Mori YokoSpigliate, sensuali, dirette, scaltre, autonome, dedite al lusso e ai piaceri della carne, ma anche caute, innamorate, pensierose: nella sua produzione Mori Yōko lascia spazio a una moltitudine di donne, diverse per desideri, personalità, comportamenti, condizioni di vita.

Che siano sposate senza troppo entusiasmo, a caccia di una tresca o frequentatrici di o-miai, quelle presentate nella ricca scelta di racconti Fiabe di letto (trad. Greta Annese, Giuliana Carli e Daniela Travaglini, Lindau, 2021, pp. 288, € 22) hanno una cosa in comune: sono vive e reali quasi da staccarsi dalla pagina in ogni loro azione o pensiero, che sia truccarsi davanti lo specchio o riflettere sui propri amanti. Ben lontane dagli stereotipi che vorrebbero le donne giapponesi tendenzialmente accondiscendenti e passive, queste figure rivelano una forza d’animo sorprendente e, soprattutto, una carica emotiva ed erotica destinata a stupire più di un* lettor*.

“Una primavera che sapeva quasi di inizio estate.
La decisione improvvisa di andare lontano. Un fine settimana a Kyoto. Da sola. […] In un certo senso, non aveva mai assaporato la fortuna di essere nata donna.” (Calici da vino, p. 187)

Le storie narrate da Mori sono brevi, quasi fulminanti, e prendono spesso spunto da un incontro o da un episodio fortuito — d’altronde, non di rado basta un dettaglio per far cadere un castello di carte, illuminare il vero carattere di una persona o mettere a nudo le sue debolezze. Eppure, tormento e dolore trovano scarsa ospitalità in questi testi: piuttosto, la scrittrice e le sue eroine tendono a rivelare senso dell’humour o autoironia.

Mori non intende, però, offrire al suo pubblico mero intrattenimento, né, tantomeno, una lezione di morale: le sue narrazioni dei furin, i “legami infedeli”,  mostrano invece come, nell’epoca e nei luoghi ritratti – vale a dire il Giappone degli anni Ottanta – 

le donne, con molta probabilità, abbiano cominciato a guardarsi in faccia. Si scoprono dal di fuori e dal di dentro, ascoltano la propria voce, riflettono in maniera profonda su come debba esser la loro vita. (Da jōji a furin, p. 257)

“Heaven” di Kawakami Mieko

Kawakami Mieko HeavenHeaven ha una curiosa collocazione.
È un luogo con le sue precise caratteristiche, le sue forme, i suoi colori, in cui arte, poesia e realtà si toccano. E, al tempo stesso, è qualcosa di impalpabile, un luogo dell’anima e, soprattutto, una condizione dello spirito che permette di distaccarsi dall’infelicità quotidiana. Non si situa: è.

Lo sanno bene i protagonisti dell’omonimo romanzo Heaven di Kawakami Mieko (trad. Gianluca Coci, 2021, Edizioni E/O, pp. 256, € 17), due adolescenti costretti ogni giorno a subire derisioni e violenze gratuite a scuola. Il dolore e la paura li hanno resi a lungo invisibili l’uno all’altra ma quando, finalmente, entrano in contatto la reciproca sofferenza non può non accadere qualcosa, legandosi a doppio filo a quanto già stanno sperimentando in autonomia — la scoperta del corpo e delle proprie pulsioni, la ridefinizione dei rapporti con i genitori, le domande sul proprio posto nel mondo e, soprattutto, sul perché.

«Quel tavolo e quel vaso possono essere malridotti e pieni di graffi e ammaccature in superficie, ma non sono mai feriti dentro».
«Sì, è vero» concordai all’istante.
«Mentre noi, all’esatto contrario, possiamo essere terribilmente feriti all’interno e non mostrare niente all’esterno. Spesso le nostre ferite sono invisibili» disse Kojima con voce ancora più flebile di prima.

Heaven non è un’opera facile: racconta di bullismo in modo aperto e talvolta brutale, di relazioni che si deteriorano, della carezza consolante dell’autodistruzione (che sia per annichilamento o per un ideale). La narrazione non tralascia, però, la bellezza struggente della natura o di un dipinto di Chagall, la messa in discussione delle proprie idee e delle proprie emozioni e, ancora di più, l’ardua ricerca di un senso — per quanto precario e fragile, pur sempre fondamentale — per vivere.

“Lo scintoismo” di Marco Milone

Lo scintoismo di Marco MiloneLo shinto, oltre a essere una “tradizione religiosa e rituale giapponese” (Treccani), si configura come un universo complesso, affascinante, sfaccettato che comprende nozioni e fenomeni anche molto lontani dal nostro sentire e dalla nostra idea di esperienza spirituale.

È (anche) per questa ragione che Lo scintoismo di Marco Milone (Guida editori, 2021, pp. 1000, € 35) è uno strumento utilissimo per chi voglia avventurarsi alla scoperta di questo territorio. L’autore, infatti, fornisce le coordinate fondamentali in quindici dettagliati capitoli, in cui vaglia concetti fondamentali quali quelli di kami, testo sacro, culto e rito prestando attenzione alle specificità storiche e locali.

Si prendano a esempio le pagine sui matsuri: se dapprima questi vengono descritti nei loro caratteri generali (inclusa la suddivisione fra osservanze annuali, nenchû gyôji, e riti di passaggio, tsûka girei), nel loro esser un “mezzo per affermare la coesione della comunità” (p. 707) e nella loro evoluzione dei secoli (pp. 705-730), in altre parti della trattazione vengono citati e delineati casi concreti che ne permettono di cogliere il fascino e il retroterra.

Infine, la ricca e aggiornata bibliografia conclusiva (pp. 965-997) permette a lettori e lettrici di ampliare le proprie conoscenze ulteriormente o ripercorrerle con uno sguardo differente.

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