Info
Foto sezione
Logo Bocconi

Ufficio stampa

| 28/04/2005

Ritorno al soffitto di vetro

LE DONNE HANNO PIù DIFFICOLTà IN ITALIA CHE ALTROVE AD AFFRONTARE IL MERCATO DEL LAVORO E A PROGREDIRE NELLA CARRIERA. MENO DI UN DIRIGENTE SU QUATTRO è DI SESSO FEMMINILE. TRA LE CAUSE CONVIVONO PREGIUDIZI E DATI OGGETTIVI

Sono passati cinque anni da quando Cristina Bombelli rese familiare anche in Italia il concetto di soffitto di vetro, ovvero il gradino della scala gerarchica che, sebbene formalmente invisibile, le donne non riescono quasi mai a superare. Nel 2000 la coordinatrice del Laboratorio Armonia della Sda Bocconi osservò che, in Italia più che altrove, l’incidenza delle donne si riduce drasticamente al crescere delle responsabilità aziendali e individuò alcune attenzioni organizzative che consentirebbero alle imprese di superare, almeno in parte, il problema.

“Da allora non è purtroppo cambiato molto dal punto di vista delle cifre”, osserva oggi Bombelli. L’Italia, con un tasso femminile di occupazione del 42%, rimane il fanalino di coda nell’Europa dei 15 (gli ultimi dati comparabili disponibili sono del 2002), più di 13 punti percentuali al di sotto della media, più di 30 al di sotto della Svezia e con una differenza record di 29,1 punti tra tasso maschile e femminile. La segregazione verticale è sempre di attualità, con le donne che costituiscono il 36,6% dei quadri, ma solo il 23% dei dirigenti.

 

 Cristina Bombelli

“Alla base ci sono sicuramente delle distorsioni cognitive”, sostiene Bombelli, “ma anche alcuni aspetti oggettivi. Tra le prime c’è la fissazione della maternità. In Italia imprenditori e capi del personale ne sono terrorizzati e, invece, siamo uno dei paesi con la natalità più bassa del mondo, poco sopra 1,2 figli a donna. È paradossale che la gestione della prole sia considerata penalizzante nel progresso di carriera, perché si fa meno problematica al crescere della disponibilità di reddito”. In pratica, una manager non avrebbe problemi a ingaggiare una brava baby-sitter, ma rischia di non diventare mai manager per il sospetto con cui viene vista la maternità.
Bombelli sostiene, però, che spesso le donne mancano di alcune competenze chiave per fare carriera: autostima, capacità di separare l’aspetto relazionale da quello contenutistico, assertività, volontà e capacità di negoziare, capacità di leadership. La causa prima potrebbe essere un’eccessiva specializzazione, di origine culturale, nella cura e nella relazione, accompagnata da una mancata abitudine a esercitare queste capacità. Le donne, più che gli uomini, tenderebbero a far dipendere l’immagine di se stesse dall’immagine che gli altri hanno di loro e questo causerebbe una reazione a catena che, a partire dalla difficoltà ad alimentare l’autostima, finirebbe per rendere problematico l’esercizio della leadership. Mentre un uomo non si fa scrupoli a impartire un ordine diretto, per esempio, una donna teme di guastare la relazione e rischia di essere troppo indiretta, minando l’autorità del ruolo.

“Per alcuni aspetti non si deve escludere a priori l’incidenza del tratto biologico”, dice ancora Bombelli. “Mi ha fatto riflettere un divertente libretto, Perché le donne non sanno leggere le cartine e gli uomini non si fermano mai a chiedere?, di Allan e Barbara Pease. Si nota, tra l’altro, che il testosterone non è solo l’ormone dell’aggressività, ma anche quello della competenza spaziale. Ciò significa che gli uomini, in questo campo, hanno un vantaggio biologico. Non significa naturalmente che le donne non abbiano possibilità di imparare a orientarsi, ma che si devono ideare percorsi didattici che tengano conto delle differenze. E lo stesso vale in azienda”.

La buona notizia è che, rispetto a cinque anni fa, ci sono importanti novità per quanto riguarda la consapevolezza del fenomeno in Italia. “Quello della diversità era un tema da iniziati, di cui si finiva per parlare ridacchiando, mentre oggi nelle aziende si trovano numerosi interlocutori qualificati, convinti che il superamento delle discriminazioni possa essere un valore”, dice Bombelli che, a titolo esemplificativo, fa i nomi di due importanti manager attivamente coinvolte nella gestione delle diversità: Cristina Molinari, partner di Accenture, e Maria Pierdicchi, direttore generale di Standard & Poor’s Italia.

La speranza è che si possa, prima o poi, rivedere la filiera della gestione del personale anche in Italia, ma Bombelli è consapevole delle resistenze culturali. “Avremo raggiunto il nostro obiettivo quando l’atteggiamento deciso di donne come Margaret Thatcher, Hillary Clinton e Condoleezza Rice non farà più notizia”.

Fabio Todesco

E-mail fabio.todesco@unibocconi.it
Barbara Orlando
Responsabile Ufficio Stampa
Universita' Bocconi
Tel. 02.5836.2330
Cell. 335.123.1716
E-mail barbara.orlando@unibocconi.it
http://www.stampa.unibocconi.it
Il portale della ricerca
Il quotidiano online

Eventi

In evidenza

tutti