“io scrivo più o meno sempre uguale.
è solo che a volte mi capita
d'andar di molto più a capo

(questa raccolta la trovate anche tra gli e-book di cartaigienicaweb, in formato pdf)

me la poesia m'è mai piaciuta, pisciarmi addosso, con una bombetta in testa, negroni numero tre, m'è scappato un verso, abbandonate tutto, tascapane, che scempio, mantenersi in vita, spalmare mortadella, c'era una volta una fata, mi serve una finestra, siete rimasti senza, son cose belle, venticinque aprile, divento ipercinetico, vedo la musica, con baffetti e mani sporche, questa città, al cesso, mi fan schifo, ' dormito niente stanotte, canzone, compleanno, molto felice, dj, stelle filanti, eccomi gonfio, restar paralizzati, una certa sofferenza, sleep-mode, occhiata, nerofumo, errore di battitura, dammi un po' di vino, pavimenti da spazzare, tipo come un poeta, casa mai finita, scatole, scrivere sempre, nipote scriteriato, come un melone, c'è chi nasce spettatore, in trance, sceneggiata, c'era mio padre, poi ci siamo noi, hallouiiin, all'iterazione

me la poesia m'è mai piaciuta
(meno ungaretti certo)
tipo preoccuparsi di far le rime
filastroccare
immagini metafore sinestesie
ma mica son qui a fare il catechismo della letteratura
o della poesia
più della poetica
della poetica mia
di quella parlerei sì propio
e direi che c'è un confine tra la vita e la scrittura
a volte si sta di qua
a volte si sta di là
a volte ci si prova a tener i piedi in due scatole di scarpe
ma si cammina male
ti vengon giù gli acciacchi
meglio di no

io mica son qui a dare informazioni
perlopiù cazzeggio
bevo il mio caffellatte
ascolto vecchioni
passo l'aspirapolvere in ciabatte
rispondo al telefono
al telefono rispondo, 'gni tanto
penso alle sceneggiature che non voglio scrivere
alle poesie che non ci voglio manco pensare
ma vengon fuori le parole
e mi mandano a capo
sempre a ricominciar le righe
la solita vecchia storia
poi non so come andare avanti

pisciarmi addosso
scansarmi
sapere che questo è un sapore da amare
guardare in faccia nessuno
colpirli
coprirli di lessi fulminei ricordi
ho visto moltissimi filmi
auto dell'anno
formiche
fischiettar opere d'aria
camomille
sedili reclinabili
liste della spesa
finanziamenti
filmi visti e rivisti
sciuscià
thriller
operazioni di polizia
saperne di più
morire calandosi negli occhi suoi
bidoni
esser normale
capelli normali
pantaloni normali
cazzo lungo normale
peli pochi
pochi, i peli,
tutto il resto,
normale,
son normodotato
lo stupro delle idee
scarpe cònsone
un uomo cieco
le guerre pudiche
tante palle piene di aghi di pino e di neve
volersi bene
ingrassare ma con garbo
silenziàrsi
indagare sui propri sensi
rischiare il culo
cantare a sbafo
volerne ancora
cambiarsi d'abito
farsi le seghe, tante, una dopo l'altra,
mi fa male il cazzo
un'altra ancora
cercare ispirazione
prendere a esempio
sali scendi
giostre e calcinculo
figure retoriche
ti sparo in bocca
io non parlo con nessuno
tu non sei vera
ah be',
lui la ama e te la porterà via
sei geloso
perché tu no?
estati
estasi
è stasi
peli pubici
dna
era meglio se facevo il cantante
sposami
cantilene
vettovaglie
mi taglio i capelli
no
foto di classe
mi immagino tutto
sento le voci
le voci non mi parlano più
scappo di nuovo
ma per favore
non mi abbandonare
portarsi via tutto
contare lampioni senza speranza
meglio rinunciarne, a tutto quel che il vento, porta in grembo,
allattare al seno
radersi al suolo
donne allo stato brado
averceli nove anni
i peli nelle orecchie
romanzi in salmì
controcampo, ho mai più visto mio padre,
da allora viaggio nuda,
applicazioni difettose,
registri di configurazioni
ego a reazione
perquisizioni
lèvati le scarpe
indago su una certa persona di nostra conoscenza
il furto è solo una bravata
danni verso terze persone
ti chiedo scusa
amore
sigaretta
riempirsi di rughe
sto sempre indagando
quei figli di puttana
uccidi
molesta un uomo
ma non tagliarmi i capelli
io son uno che ti vuole aiutare
ma non mi credo di essere nessuno
scrivo brutti dialoghi
vorrei spogliarti tutta
sorrido sotto ai baffi
mi serve una batteria a lunga durata
mi serve un film migliore dell'altro
non meglio di questo
appiccico manifesti
ma tu muori

e la storia si allunga
e quel che m'immagino è solo carenza di ali
svuotare damigiane
voci metalliche
approssimare funzioni
piccioni senza dignità
testi di canzoni
ponti sospesi
pensieri come ponti, sospesi,
cambiare registro,
narrazioni che vorrei ficcarti in gola,
stringerti nelle spalle,
tornire il carattere,
mordicchiare uno scoiattolo,
chiedersi com'è la luna,
uova alla coque,
vergini suicide,
quei tuoi occhi di ghiaccio,
avere una data di scadenza
chiedere a mia nonna se si può andare in chiesa
anche se oggi non è domenica
ma lo so chi sei veramente
tu
io no
io sì
sposami
sposami
sposami
sposami
sposami
sposami
sposami
pannolino assorbente
cambiar canale
(te lo metto di dietro?)
averne a basta
io che ero robin hood
spendere un patrimonio
uccelli da gabbia e da voliera
con la gobba sulle spalle
e poi?
vomitare la brioche
osservarti su due piedi
lasciami entrarti fra le braccia
posso cingerti con della seta i fianchi?
usuraia della memoria
corta
nuotare senza fermarsi mai anche quando dormono
e valicare la muraglia
testa di cazzo
mira balenga
togliti l'accappatoio
mi piace
piacermi
piacere mio
ti esce sangue dal naso
ti dipingo la chioma
il tuo corpo caldo inesplorato
stai delirando
fino alla morte
non ne voglio sapere
porcamèrda
sei saltata fuori finalmente
mi sembra di tradire
ho un sasso nella scarpa
ma qui è tutta sabbia, e deserto
è deserto
obelischi
ho bisogno d'aiuto
la grama vita di non averti accanto
ho la mancanza nel cuore
come di odori d'infanzia
male alla schiena
rumori fuori campo
portiera della macchina
vacci a capire qualcheccosa
ti cade la parrucca
hai le scarpe sbottonate
non mi resta che piangere
sei solo una cameriera
ti divido in due
pesto con la lingua
indossare un golf
parlare all'angelo custode
all'arcangelo bidello
fermenti lattici
donne
ecosistemi
potenza
immobilità
pinocchio e geppetto
freud, fellini e quel che ne resta di me
precipitare
cadute di stile
casa in affitto
quel che dài importanza
giovinezza che si fugge
sfiga
avere poco più di un attimo
mezze calzette
schermo panoramico
averne ancora un sorso
campanella che suona
essere il capitano
dell'universo
sei matto?
certo, ma non sono noioso.
come sei bella
lacrime sul volto di freddo
ma tu sanguini
goodbye
speravo meglio
crocifisso di cartigienica
son qui che correggo
tu che sai sempre un sacco di cose
che peccato
il mondo non a fuoco
certe vite sfumano
sapere che questo è un sapone da mare
e ti scoperei

vorrei che mi vedeste con una bombetta in testa
e tutti i sentimenti sparsi
attorno
con la penna in una mano
il taccuino nell'altra
e nella tasca sempre la fiaschetta.
vorrei che mi sentiste
leggere quel che scrivo
sembra sappia metterci sopra la voce giusta,
sembra tutt'un'altra cosa,
quel che scrivo,
se lo leggo da me.
se vorrete ascoltarmi
farò volentieri
una pubblica rappresentazione
delle mie parole,
basta che mi approntiate un tendone
e qualche bella ragazza con il seno al vento
e buona musica
in sottofondo
qualcosa che sappiate riconoscere
niente roba di nicchia
mezze calzette che non siete altro

negroni numero tre
e il campari non accenna a terminare
mi toccherà tirare giù de' bicchieri
per il numero cinque
sei sette
di negroni
senza fetta d'arancia
(raffinatezza raramente concessa)

e un certo tipo di mia
conoscenza
m'ha chiesto
come me la cavo con quella certa donna
già,
come me la cavo con quella donna tale e dannata?
me la cavo che l'ho speronata
(certo metaforicamente)
senza esimermi dal soccorrerla,
l'ho arrembata ancora
e le ho poi dedicato
che coss'è l'amor

ho tanto vino in corpo
che mi son scordato di mangiare
mi vien da pensare a quella donna là
(e a una certa bionda di ieri sera
certo)
e considero
che la vita se non è propio bella
in fondo non è male
se posso assistere alla visione
del film di salemme, l'amico del cuore,
(o big daddy)
(o frantic)
(o la ragazza dei sogni)
o se posso assistere alla proiezione
del mio orgoglio fottuto

m'è scappato un verso
cazzo
ce l'avevo bello e sonante
nella testa
mi risonava nella testa
bello
'sto verso
maledetto

chennesapete voi

mai avuto, io,
un messaggio da trasmettere
mai recapitato un cazzo,
io,
mai stato incaricato di,
mai guidato un pony-express,
al massimo uno scooter giallo scassato
ma fatemi alzare a rabboccare il bicchiere
sacrammèrda
(e lo so che sto per vomitare)

suona mia madre al citofono
vuol salire a casa mia
m'invento che non son solo
che ci son due amiche mie che si masturbano
a vicenda
mentre le filmo con una videocamera portatile
sony
e siccome son quasi al dunque
posso mica interromperle

abbandonate tutto
abbandonatevi
abbòndate
abbonatevi
abbigliatevi
abbeveratevi
(di vino)
bevete
beccate
beninteso
senza colpo ferire
senza ferire d'un colpo
senz'andare di corpo

scrivetemi un messaggio insignificante,
tipo una sola parola,
   cuccia
           ciancicare
         destrorso
   magnificenza
 robe così
tanto per ricordarvi della vostra insignificanza
sempreché la sappiate
(la sapete, l'insignificanza?
vi conviene di saperla)

ma che poeto a fare?
(me lo domando tra una pinta di birra e l'altra)

mi vedo, sì, mi vedo
con un tascapane a tracolla
gonfio
di tutto quel che non posso portarmi di dentro
tipo libri di carta
e un ibook bianco mattonella
per scriverci su

mi vedo

mi vedo
navigare sul sito di andrea de carlo
pure adesso che n'ha scritto un'altro
di romanzo dei suoi
e ho visto con sommo gaudio che pure lui si mette a riempire
pagine html
di stronzate quotidiane,
o quasi
(quotidiane)

che scempio
sono
la domenica pomeriggio
tipo un pigiaminide
a scriver e ristrutturare
con la birra che va scemando
mentre spizzico salamini piccanti fratelli beretta 1812
                                                         al peperoncino
mordendo al contempo una forma di brie (marca auchan)
imbrattando la tastiera di maionese
nella quale intingo michetti spezzati a metà

che scempio

e se non bastasse c'è quel manzo
adesso, propio,
quel manzo degli sugar ray,
che mi canta tutto sessuale when it's over

lo scempio non conosce confini.
viva gli sugar ray!
viva lo scempio!

tutta l'energia per mantenersi in vita
tutto il fiato sprecato
eppure c'è il sole oggi
ho messo su ahum a ripetizione
e cerco di tirare fuori quel che mi sento dentro

bolle e mattoni nello stomaco
ritmo come di corse in campagne sorpassate dal tempo
bellezza da contemplare
 e meditazione         da coltivare
da riferire
      da risognare

                   parole parlate a base di sussurri

e ho voglia di pellegrinaggi
giusto per la solita vecchia storia
      per cercare me stesso
là fuori tra le stelle della Via Lattea

ho comprato un libro di matematica profonda
sistemi fondazionali
meccanica quantistica
    topologia e teoremi      di gödel
numeri casuali
                              tensori e geometrie non euclidee
ma c'è un nuovo lavoro in vista e
come si fa?
a pensare a turing, von neumann e church
quando la lavatrice non vuole saperne di finire il suo ciclo
(fuzzy logic delle balle)
come si fa?

datemi una donna da corteggiare
una donna con la fuzzy logic
che mi lavi e mi asciughi i pensieri
e sia capace pure della centrifuga a mille giri al minuto

spalmare mortadella
sopra un trancio di pizza alle patate
(marca gs)
suggendo spumante tosti
modello dolce festa
bottiglia avanzata da capodanno in poi
è poi così decadente
e fastidioso?
mi chiedo

me lo chiedo
quando nel mentre penso
che manca qualcosa
c'è qualcosa che manca
(ma certo! la maionese!)
e in tutto questo sollucchero di sapori
(e vinello, certo)
l'angostura di un altro giorno obsoleto
se ne va

c'era una volta una fata
che mi scriveva
e io le rispondevo
poi ho smesso
poi ho ricominciato
poi ho smesso
poi no
ho ricominciato

alla fine mi scrive ancora
dice che bevo troppo
ma che scrivo benissimo lo stesso
(brava, fata, tu sì che...)

in ogni caso mi son guardato friends
sgranocchiando una mozzarella
con le dita impiastrate di maionese
e i teneroni che bruciano sulla padella
antiaderente
ma c'è il solito chandler
antipatico il giusto
e la mozzarella, caso strano, non era ancora gialla
andata a male
quando l'ho tirata su dal frigo

ma nel frattempo
ridendo e scherzando
è un altro litro di birra
che manca all'appello

mi serve una finestra
grande
e un muro da pitturare
mi servon scarpe più capienti
e mali ai piedi più efficaci
mi servono canzoni
da cantare all'infinito
per restare inchiodato
a un momento preciso
a berci sopra 'ndisturbato
alla ricerca del tempo perduto
e mettete su una musica di potenza
qualcosa che vi scuci i pantaloni
vi sconquassi i parrucconi
quelli che portate in testa
quella che avete
dentro
vuota

siete rimasti senza
di poesia

quanta scorta non vi siete fatti
formichine dei miei gambali
            da pioggia
unti

ho messo tequila nella spremuta d'arancia
sparirò senza che nessuno se n'accorga
(non se ne accorgerà nessuno)

siete rimasti senza
di energia
cantate male
solo più canzoni senza ritmica
burbera
(son meglio gli ottottotrè)

me ne sto sul ponte di comando di casa_coppino
una panca per addominali inchiavardata davanti al monitor sony trinitron
db boulevard a tutta manetta
sudo tutta la maglietta
che appartiene a una donna passata di qua
e abbandonata
dal ponte di comando, novello kirk che non son altro,
dirigo le operazioni
al cervello
mio
cercando di pompare i bassi
e prender in giro gli altri

sto male

ci son giornate ch'è meglio uscir di casa.
però no.
però poi non si esce ed è lì che uno accumula rimpianti
sforna aforismi
gustosi

(datemi bocce
a cui suggere nettare
datemi fessure
a cui lappare bagna cauda
datemi una
che ci penso io)

ci son pomeriggi
che ti fai domande tipo:
"che fine han poi fatto i savage garden?"
oppure
"com'è che gwen stefani non abita con me?"

poi invece metto il vestito buono
della domenica
tipo i guidatori
(della domenica)
e passeggio alla ricerca
del giusto bar
del cicchetto che s'intona
col mio gessato grigio
ereditato dal nonno mio
noto bevitore dell'alta valle
e io che ne seguo le orme
a fil di passo breve
e montagnino

amo craig david
e i video che gli han cucito addosso
amo il cuba libre
e l'enigma che m'han tirato dietro
tipo essere una farfalla
malgrado l'inefficienza delle ali.

amo george micheal
(ma forse di più jamiroquai)

(ci son robe che devon poi rimaner nient'altro che sogni)

son cose belle
le vent nous portera
addormentarsi vestiti
tipo come svenire
tanto per cambiare
e cambiare stazione
del suono
ne manca sempre
del suono
mai avuto l'orecchie sazie
io
mai distillato perle
mai dipinto mani
mai giocato a tresètte
mai vinto a nascondino
mai stato gentile
mai accelerato io
mai sorpassato un cugino
mai trangugiato un budino
mai gestito
mai agganciato
mai sopravvissuto
mai spento la radio

e se le vent nous portera
lo lasceremo fare
meglio esser sabbia
meglio esser bufera
ficcarsi negli occhi e
negli elastici dei perizoma
che ristagnare aggrappati
sempre alla stessa montagna
sempre con su la stessa faccia

meglio ritornar polvere
(son cose belle)

venticinque aprile è traballante
traballare s'un tramezzino
mezzo smozzicato
ripetersi nella testa
devi cambiare
devi cambiare
devi cambiare
e la luce accecante del giorno
a quest'angolo di autostrada
non ce la fa a chiuder del tutto gli occhi

ti guardi mani e braccia ustionate
(era meglio restare in camicia)
e ti ricordi che stamattina
hai sognato d'essere a new york
in una libreria su due piani
verso l'ora di chiusura
avevi con te un volume rilegato in rosso
di Paperon de' Paperoni
nascosto dietro la schiena
nell'elastico del pigiama
speravi non ti chiedessero spiegazioni per quello,
ché non l'avevi mica rubato, è tuo fin dagli anni settanta,
poi la libreria chiudeva e dovevi andare ad avvertire i tuoi amici rimasti al piano di sopra,
ma ti spegnevano tutte le luci e procedevi al buio pesto di questa liberia di new york pensando dovrei inventarlo io un posto così dalle parti mie,
con divani e poltrone e quadri alle pareti, tappeti, e mogano come se piovesse.

un vento a raffica ti scuote
il lettore mp3 ha una sola canzone caricata
il volume è alla tacca alla ricerca della sordità perduta
non fai altro che ascoltare rainbow di elisa
roba da rimanere ipnotizzati
ma tu ti dici che è peggio l'ipnosi collettiva stile nuovo millennio
ma tu ti dici altro che nuovo millennio,
i' son più un tipo millenovecento

divento ipercinetico
a sentirne di stronzate
mulino mani braccia e gambe
divento ipotermico
e chemioterapico se mi perforate di cazzate
m'ammalo e perdo peso
mi si gonfia solo la pancia
e cerco pianeti da cui trarre energie
e filosofie
migliori
e musiche
mi servono musiche
migliori
mi serve gente che scrive robe tipo borges, jorge luis,
gente tipo lui
gente tipo fumetti rari
non certo gente come me
sbattuta dal vento
perduta nel cemento
nel catrame
perduta nel mare
che manco il salvagente li salva mai

(ma sarà soltanto lo scalmanare del johnnie walker)

vedo la musica
la sento
(è al massimo del volume delle casse mie sfigate)
e la vedo
ché ho gli occhi che mi fanno giacomo-giacomo
tutt'il mondo tremolante
dinnanzi a me
porcammèrda
saran le vibrazioni sonore?
e già ci vedo doppio
ma poteva aspettare 'sto alcol del cavolo entrarmi in circolo
che mi cade la testa da una parte
le gambe dall'altra
i ginocchi freddi
gelati
i termosifoni
spenti
le bollette
il vino come surrogato del riscaldamento centralizzato
autonomo
un par de balle
ma 'sti problemi quotidiani mi lasciano il tempo che trovano
(beati loro)
con tutto il tempo che dovrei invece buttare
in bustarelle
in siparietti
in certune cose dilette e grate
in certe date campàte
in aria

e se mi torna la vena
diventiam ricchi, amore
ti compro l'anello di diamanti
ci si sposa
e i figli posson poi romper i coglioni no

ma per la cronaca
mi son cagato addosso
adesso
in un rumore di fondo
(credevo fosse solo gas)

ci son dolori
da 'contare a
nessuno
giorni
ch'è meglio restar soli
e bottiglie
da svuotare
no

ci son proteste
da mandare fino in fondo
arroganze
da ficcarsi fino in gola
e bicchieri
da riempire magari sì

ci son
reggiseni triangolari
da slacciare
in un colpo d'abilità
di dita e di lussuria
e componimenti da rattoppare
rimetterci le mani su,
palpeggiare,
sperando non ti mollino un ceffone

c'è sempre musica
imprendibile
(quella buona)
da inocularsi dentro
tipo fare a cambio
tra globuli rossi e note

c'è sempre qualcuno
via andato per sempre
tipo un vecchio
irriverente
nonno mio
(con baffetti e mani sporche)

questa città ne ha fatto il pieno
oggi
di luce
e questa piazza
alimenterebbe il mio computer per un anno
se solo fosse uno stramaledetto
calpestato enorme
pannello solare

sorseggio bukowski in versi
con una fettina di limone tra le chiappe
ogni tanto mi fermo a scrivere
arrostito dal sole
bollito dalla vita contemporanea
la stramaledetta enorme siringa di anestetico che è
e gli sguardi perplessi
della gente che mi scorre affianco
(cos'è,
avete visto mai uno scrittore per strada?)

i ragazzetti sbavano dietro
alle ragazzette
con i culi segnati dalle stoffe
e le ragazzette sbavano dietro
a un paio di jeans in vetrina
(e qualche poca altra sicurezza
tipo striminzirsi le tettine)
e le insegne sbavate
e i muri sbavati
i marciapiedi sbavati
una città tutta da limare questa
piena di sbavature

(riesco a capire che
se mi fermassi soltanto
per il tempo giusto
a guardare avanti a me
sarei stupito no
di vedere infine la mia nuca)

ma fosse sempre così questa città
sole e bukowski d'annata
quello ultimo sul limitar del morire
e ragazzette e ragazzetti
e aver sempre qualcosa o qualcuno a cui pestare le corna
senza contare che a casa mia
ci son ingredienti abbastanza
per fabbricarne ancora una mezza dozzina
di negroni

ma mi va di culo,
non è sempre così
(potrei poi tornare no
a casa
a vomitare)

leggo per lo più
al cesso
come faceva sempre
mio padre
ma niente tex o lanciostory
per me
quelli li leggevo solo all'epoca
lui stava ancora con noi
e ne lasciava una pila sempre
sul davanzale del cesso
lasciava che approfittassi
anche di disegni un po' più spinti
anche se pensandoci bene
tex me m'è piaciuto mai
lo trovavo superato
e passavo a un'avventura di paperino
meglio se di paperinik
la riscossa segreta dello sfortunato
in combutta con quel genio di archimede pitagorico
fornitore ufficiale di dispositivi miracolosi
strambi e quasi sempre funzionanti

e ci passavano sopra i giorni
degli urli
dei cuori che saltavano fuori
dagli stomaci
dei pianti
giorni che avrei preferito
guardare sconcezze di altro tipo
tipo donne che limonano
scambiandosi liquido spermatico

così adesso leggo al cesso
perlopiù
poesie e romanzi
qualche manuale
qualche how-to
fino a quando il sedile
mi taglia le gambe
ma io son tosto
nelle gambe
meno nella pancia
a dirla tutta
me la guardo
sempre più gonfia
e penso che se si gonfia ancora un po'
mi si sparirà il pisello

così dev'esser stato paperinik
a cullare i miei sogni di riscossa
segreti
rimasti in cantina poi
quasi tutti
meno questa roba di scrivere

mi fan schifo
i ricordi
mi fan schifo
propio
schifo
    mi fanno
   i ricordi

se ne stan lì
sdraiati sul divano
a masticare gomme
scolarsi birre finte
con il solo scopo di spiegarti
che la tua vita è andata come è andata
diversamente non poteva andare

cioé
te li ritrovi sul divano che sbafano
i ricordi,
e la vita tua,
diversamente,
poteva andare no.

me
mi fanno schifo

se esistono
'sti bastardi di ricordi
è perché son pronti
testimoniarti contro 'n tribunale
son lì apposta
certificano
perché quel che sei
è quel che saresti dovuto essere
e quel che sarai
i ricordi lo sanno già
(e i poveri rimpianti
son tutti morti ormai)

meno male
che la memoria
mi comincia ' vacillare

' dormito niente stanotte
sarà l'amore sbavato,
sarà l'insonnia copiata da un tetto di donna,
sarà il sogno di un bambino che mi s'avvolge addosso e mi chiede aiuto

sarà che son un po' confuso
(e lo so no perché sto male, davvero, lo so no)

fa molto freddo questa notte,
le case di torino hanno poche luci accese,
la mia periferia operaia ha poco da scialacquare stanotte,
si guarda il cielo grigio e rosa,
ci spiace il buio,
ci sembra che domani sarà il peggio,
ci sembra che noi si sa più scrivere no,
siam un poco dispiaciuti,
il vino è finito (nello stomaco),
la luna tracheggia,
il testo di canzone dance che vuoi scrivere vien fuori mica,
porcammérda,
e il solo sollievo è la voce d'un toscano stordito e bevuto,
da ospitar leggero,
sgangherato nel suo prender appunti per
certi progetti
che non vi sto a dire,
                                                 il solo sollievo è 'l sapere
di una forza nascosta nelle mani nere di grasso,
da lavare con la pasta al limone, sennò vien via no,
il nero,
di tante persone sparse per questo quartiere,
                                                             il solo sollievo è
saper d'aver un padre da qualche parte,
che ne fa cinquantacinque oggi,
di anni operai e bocciofili,
e mani nere di grasso,
e auguri,
merdaschìfa
.

oggi ho occhi verdi verdi
e chiappe sode sode
ma non riesco a dormire.
passo il tempo tra euforie e occhi rotti
dalle radiazioni maledette
di un monitor vecchio stampo
uno di quelli col tubo catodico,
tratto male chi mi passa sotto le mani,
riscrivo la homepage,
correggo la rotta,
mi si gonfia la faccia,
andrò gratis al salone del libro,
niente posta elettronica,
la pattumiera è da scaricare,
casa_coppino non procede,
e anch'io son mica tanto in movimento...

trovarla
la canzone da riprodurre
a ripetizione
un caricatore di cartucce infinite
tutte uguali
a never ending loop
un dead-lock da evitare no

trovarla
la canzone per mettersi a scrivere
sotto il suo influsso ipnotico
scriverne di scempiaggini
tipo
mi si spella 'na mano

(son sempre innamorato
di una qualche donna là
      usata
    una donna di terza
                          mano
le donne nuove mi piaccion
poco niente
il latte alle ginocchia
mi fan venire)

trovata,
la canzone,
l'ho messa su
cinque ore fa
e ora non la sento quasi più
tanto m'è entrata nel cervello
ma m'accorgo che oggi è il 23
e dovrebbe essere un bel giorno
(è numero primo)

poi credo che navigherei su un dodici metri fino all'isola di tonga, respirando salsedine per settimane, leggendo solo più quel russo di dostoeccetera, mangiando bacche e caramelle all'anice, degluttendo birra sgasata, ma al sole al vento all'incantesimo di esserci, in mezzo a un qualche stramb'oceano.

me la porterei
una canzone appresso

compleanno

dovrei magari fare come l'anno scorso
e provarci di telefonare a emma
sarà che non son ancora abbastanza bevuto
non ho donne per cui piangere
i lavori di casa li ho già finiti
ho solo un amico da rimpiangere
e capelli lunghi lunghi
poche calze pulite
problemi di spesa
tipo ricordare di comprare degli aggeggi
per ripristinare un odore decente
dentro il guardaroba,
e un passaverdura,
ché voglio poter cucinare un bel puré di patate,
un giorno a venire.
la bimba di una mia vecchia amica è nata
e tutto quel che desidero io
adesso
sarebbe avere in casa una macchinetta per spillare la birra
attaccarci un fusto di bulldog
e uno di tennent's
(scotch ale, certo)
e passare la serata a giocare
al barista e all'avventore.

comunque
di oggi
non mi son ancora fatto
una sega come si deve.

tanti auguri, poeta delle mie braghette corte e consumate e stinte

c'è che sarei stato
felice
addirittura
molto felice
'sti ultimi due giorni
ma
non è che mi sia piaciuto mai
esser felice.
la cosa, quand'è capitata, m'ha sempre insospettito.
esser felice è tipo un problema,
'nnanzittutto perché non dura
eppoi ci son un sacco di altri guai connessi
non ultimo la comparsa
di orrende zampe di gallina attorno agli occhi
a forza di viaggiare con un benedetto sorriso
stampato sulla faccia.

vivere, il più delle volte, è come stare dentro a una casa.
una casa con una cucinotta
una verandina adibita a camera da letto,
un bagnetto striminzito,
una stanzetta che fa le veci di sala da pranzo
salotto
ufficio
disimpegno
studio
biblioteca,
un guardaroba e giusto un'altra stanza
vuota perlopiù.
vivere è come stare dentro una casa così,
mangiarci, dormirci, scoparci,
senza mai mettere piede in quell'altra stanza a disposizione,
vuota perlopiù.

come volevasi
dimostrare
della molta felicità,
abbiam esaurito le scorte.
il posto l'han preso le nuove canzoni di silvestri e grignani,
qualche tormento dei miei,
alcuni muri su cui sbatterci,
con la capoccia,
punte di spilli negli occhi che non dormono,
e io che non tocco un goccio da una settimana.

vivere, il più delle volte,
è dipingere le pareti della propria prigione
per dimenticare ch'è tale,
costringersi a frequentare la solita stanzetta emmezza, quando ce ne sono, delle altre, a disposizione.
vivere.
tsè.

ché vivere
è meglio esser incazzati
che felici
l'incazzatura aiuta
tira fuori la fottuta energia
le palle ti si gonfiano
s'induriscono
e ne tiri fuori di stronzate
da riempirci pagine e pagine
elettroniche
(e magari di carta,
se qualcuno si desse la pena di pubblicarti)
e lo vedi bene
che quei che ti rifiutano son poi solo
gente con brutte mani

dice il saggio
chi è felice non si ammala
(sì,
ma c'è un cazzo da scriverne)

è stato bello
passare questo pomeriggio a servirmi negroni
e scrivere
in attesa di una qualche chiamata
telefonica o cosa
anche se è la mente mia che vien chiamata da nessuno
manco da me
e se ne prendo un altro
sorso di gin-campari-martini rosso
è che sto solo al numero ics
cioé il numero ormai me lo ricordo più no

a saperlo prima
avrei fatto il dj
a saperlo
sarei stato un dj
un' di quei che si scervellano
per tirar giù una lista
di musica
al giusto volume
per emozionare quei che ballano
fargli spellare i piedi
fargli uscire il fiato
uno che guida
sposta
tiene in pugno
uno coi calli nelle orecchie
e la spina dorsale fatta
di brividi
uno capace che
si taglia poi via un dito
miscelando
e se n'accorge no

a saperlo
avrei fatto il dj
solo per il marchio di fabbrica
di metter sempre giù un pezzo di capossela
così
quando non c'entra niente
(sarebbe tipo come un marchio di fabbrica)
ché come trascina la voce capossela
la trascina nessuno
e vallo a spiegare

ehi
ma è stato bello
passarlo tutto
il pomeriggio
a lambiccarmi qualche manciata di cervello
su quale trama scegliere
per un romanzo come un altro
cosa miscelare
e a qual giusto volume
per venire incontro alla spina dorsale di chi legge
fargli spellare i polpastrelli
fargli uscire il fiato
e alla fine guardare il muro
prendere e dire
adesso vai
            bravuomo
raccatta il tuo taccuino
e somma -1
ai giorni che ti restano

voi che vi piace il mondo
con le stelle filanti
a striscie
voi che le lucette colorate
vi fann'impazzire
di gioia colorata
magari ascoltatevi della buona musica
velvet underground
new radicals
moltheni

magari dateci dentro col sesso
     coi film in dvd
spingete col bacino
ancheggiate col corpicino
bagnato di sudore
leccatevi le punte dei piedi
ma dimenticatevi no
di quell'altri
senza punte di piedi o di cervello
(col cervello smussato)
col bacino impedito
con le parole mozzate
per mancanza di ignoranza
per totale incompetenza
o per la merda in abbondanza
che circonda le loro case
quei perduti nella povertà
del poco da mangiare
del minestone da scaldare
della rima da baciare
della vita da consumare
manco fosse una candela stopposa marcia merdosa
una candela
non me lo fate ripetere
non me lo fate, ripetere

eccomi gonfio
non solo di birre
di pause
e rubinetti rotti
se mi si tende la pelle
della pancia
della faccia e delle palle
è che son gonfio non solo
di sperma
brufoli
e merda
ma vedo la simmetria dei tradimenti
(non puoi tradire senza essere tradito)
vedo la matematica dei sentimenti
(dimostrazioni tutte per assurdo)
vedo i cassonetti d'energie
i balletti di cortesie
il cibo sprecato
la strada perduta apposta
tutti i barili d'inettitudine
quegli occhi suoi famosi
che mi vien ancora da sognare
di avere vent'anni
e viaggiare in 127
granata
restare a piedi in tangenziale e continuare a correre a piedi pur di arrivare a casa sua

sto tipo come diventando pazzo
ma non importa
(è che so che non ce la fa
tutto l'alcol di questo mondo
a metter a tacere
un certo mio dolore)

è che ne ho piene le palle
di me
di come son fatto
(datemi da fumare)

restar paralizzati
per delle ore
almeno tre
a fissare il muro
ricordando d'essersi scordati che ieri era un giorno speciale
   il sei di novembre
un giorno che arriverò a centoquattro anni e ancora lo festeggerò
nella mia testa malandata di ottuagenario del ventunesimo secolo
completamente bollita dagli anni e non solo
(s'invecchia facile a bere tanto)
quando fisserò il mio muro preferito
pieno di scritte collezionate nel tempo trenino
tipo lavati i denti per benino
tipo rendimi casto, ma non ora
tipo non è la pancia che fa, è il grasso nel cervello
  e sentirò gli stessi brividi sul retro
sulla nuca
   giù fin sulla punta del culo
 mentre ci sarà sempre una sola canzone messa su a ripetizione
a dettarm'i pensieri da fare
(probabilmente qualcosa dei bran van 3000, tipo predictable)
perché se li lascio fare
i pensieri
quei manigoldi mi portano a quegli anni là
ch'avevo vent'anni
che correvo nudo nella notte
per veder s'è così facile morire
 in tangenziale
sotto una luna camorrista che
   m'estorceva il pizzo per risplendere anche un po' negli occhi suoi
e niente m'avrebbe fermato più
(poi 'nvece, no)

ci son persone
che per loro
la felicità
è insostenibile

c'è una certa sofferenza
propio qui in cima al cuore
per tutte le piramidi
    di cheope ch'ho visto mai
per quei bambini di second'elementare
    che han negli occhi già più mondo di me

ho questa sofferenza qui
per il mio esser geneticamente povero
senza sigarette
senza cancri ai polmoni
per la mia cronica incapacità
d'esser feroce ancora
ma per questa poesia
ch'ancora sgorga
fluente e bastarda
figlia di niente
con gli occhi bianchi trasparenti
     del ghiaccio
fetidi
stile mamma tradita
ch'ha mai scelto niente nella vita
ch'è sempre stata male
(ci pensate una vita
        sempre a stare male?)
e allora prendete e abbracciate
   parenti prossimi
        e peluche di primo pelo
chiedetevi poco
   cos'ha senso in questo vivere
e state bene al mondo
   nonostante voi
     il vostro accidente
        la vostra mania di far quattro chiacchiere
perché tutto
  è soltanto
 una porcammèrda di poesia

scrivo un testo
scrivo un testo
come ai bei vecchi tempi
tutto bevuto
con musica forte in tutta la stanza
scrivo e mi perdono
per le scorribande, mie,
nei posti maledetti
da chi mi vuol bene

non saprei usare parole più adatte
sconto la mia condanna
mi prendo le responsabilità
finché posso
finché il tempo
mi concede una macchina
per scriverci sopra
tipo che saprei che altro fare no
detemi una macchina
e 'imbratterò di codici ascii
salverò file nuovi di zecca
cripterò
creerò cartelle
spedirò messaggi
programmerò in linguaggi sconosciuti
e a un certo punto
digiterò shutdown -h now arsenio bravuomo
(ma niente paura,
al tempo avrò già hackerato il sistemone
e, di per me,
entrerò solo in sleep-mode)

l'avete
visto mai
un albero che cresce
e date un'occhiata
ai capelli miei
e alla pancia mia
alla forza
(che è con me)
datecela
'sta cazzo d'occhiata
alla musica che mi cola
dalle mani
al fragore
ch'esce fuori
da' miei occhi

mi chiedo fuori come va
mi sento tipo come un ligabue
e mi piacerebbe sì
starmene a girare video
con certi corpicini intorno
ma devo far su un altro po' di ghiaccio
ché sennò i bicchieri vengon male
e penso ancora più fortemente che senza musica si va
da nessuna parte no
e penso che son io quel che sa dove si mettono le virgole

arriva anna e mi vede in certe mie condizioni parecchio disagiate
e io che sorrido dal pavimento e le dico
sì ma tu non lo sai cos'è avvenuto qui
e mi indico la testa
e intendo dire
l'immaginazione

e mi viene
certo che mi viene
di pensare a daria bignardi
che la fa la pensata di invitare
aldo busi
al suo televisivo programma
ma non lo sa gestire
e smania alla fine
perché ha le mestruazioni
daria bignardi
ed è palese

bevo perché son felice
e la odio quella parola
felice
ma bevo perché son felice, di oggi,
e festeggio
e brindo alla vita
e cazzo, gente,
è uno dei migliori pomeriggi che mi prendo
da un sacco di tempo

io son uno che ha una camicia sola
coi polsini logori
il colletto liso
e quando quella è da lavare
semplicemente vado in giro senza camicia,
chessò, metterò due magliette
o giù di lì.

io son uno che se poi se ne deve comprare un'altra di camicia,
però deve essere uguale a quella di prima.

io son un di quei che dite pigri
ma son solo un' di quei che gli basta una seggiola
son uno che chiede mai niente
mi basta una seggiola
comoda
con un cuscino per dormire
braccioli per appoggiar un piatto di minestra
gambe molli per attutire le cadute
   di stile
di certe seggiole su cui ci ritroviamo
ma mettetemi pure un casco virtuale
sulla testa
mettemelo pure
fatemi vedere i sogni
sognati da altri
fatemi progredire verso il nulla blu
fatemi vostro
ve lo regalo anche, quel po' di cervello
basta che mi lasciate stare
basta che mi regalate un poco di incoscienza da vino
(me, mi basta il divino
  sguardo
del nero
  fumo

della bottiglia
di bardolino)

c'è un errore di battitura
nel tuo parlare
signor scrittore
che appendi parole
anche se non stai scrivendo
parli parli
ma la smetti poi mai
di scrivere
signor scrittore

anche s'è pomeriggio presto
t'annoi in giro
in cerca di fortuna
foss'anche una monetina
da due centesimi
signor scrittore
è che sei un poveraccio
nel migliore dai casi malaticcio
signor scrittore
prendi le tue cose e vattene
prendi i muri che hai riempito di scritte
prendi i pezzi di cartone ch'hai tracopiato
prendi i tuoi peluches
i tuoi regali
i tuoi affetti distanti
i tuoi soli momenti di gioia
prendi la porta e vai

signor scrittore
a modo nostro
ci si scorderà di te

dammi un po' di vino
le dico
damm'un po' di vino
un vino che abbocchi
chè voglio abboccare pur io
all'esca di questa civiltà schifosa
e voglio più no campanelli a interrompere,
ma no,
ma van bene i campanelli
vanno bene i citofoni
i telefoni
quelli ini quelli normali quelli 'ordless
van bene pure le lettere
quelle stronze lettere che mi rimandasti indietro
e quelle due valigie
piene di calze, collant e perizomi orrendi

mi sento pieno
tutto il mio cuore è un rigurgito
e il mondo
il sozzo mondo
l'ha visti mai
polmoni come i miei
solo robe da dilettanti
ha visto il mondo
ma noi siam professionisti
del soffio al cuore
siam come zucche svuotate
da metterci una candela nel mezzo
tanto da bruciare
c'è niente più

non voglio più pensieri
e pavimenti da spazzare
voglio più no
amori imprestati
amori dell'ultim'ora
amori incartapecoriti
amori lussati
bendati
o privi di vino
e per adesso non so come andare avanti

ah, ecco
voglio solo amori ad alto livello
amori scaltri
violenti
unplugged
relativi
e perduti
che non si prendano cura di me
robe di seconda mano
son così abituato a starmene in disparte
che non faccio pena
men che meno compassione
non disturbo io
viaggio parallelo
tangenziale alle tutte vostre vite belle e composte
senza soluzioni
di amenità
e altre bizzarrie

mi stravolge la vostra totale incapacità d'afferrare un concetto
ma anche la mia
e mi verrebbe pure di telefonare ad una certa donna
ma il pensiero di dover interagire con qualcuno mi fa desistere

spero che la mia scorta di vino
resista
oppure no
spero di rimaner leggero
in maniera insostenibile
ed essere
capace
di vomitare no

sarei tipo come un poeta
mi son messo a cucinar parole
prolegomeni fritti
analessi al ragù
asindoti bolliti
endecasillabi sciolti
   nel burro

ma sto male

trangugio mollica di pane e pecorino
giusto per sopportar di bere più a lungo
(anche se ci vorrebbero cavolo crudo e aceto di cent'anni
o un bloody mary della ricetta originale)
per darci dentro senza tregua
senza vomitii
senza rimpianti e mugolii       di femmine
                                      lasciate passare sott'il naso
splendide di discorsi ininterroti
rapaci di sensi e consapevoli d'eventi
donne da riuscire a conquistare
donne che ti tocca d'esser un napoleone
o forse un rommel con l'elmetto arancione
per farsi notare
nella notte dei murazzi del po
nella passerella perturbante di schiene
   nude
e gambe
   di fresco
 depilate
e facce
da prender a ceffoni
per supponenza e maccheroni
troppi
trangugiati a cena
prima di presentarsi strizzate nelle vesti
    d'una fotografia d'altra moda

povere femmine
poverine
in bilico sui tacchi
 troppi
troppo alti

ma sto male
e mi dico
arsenio! oh, poeta!
  se non sai legger la poesia
nelle cose
    nelle case
i tetti di tegole rosse
i muri di mattoni gialli
le finestre ripiene di tende
i portoni gonfi di gas di scarico
 le grondaie di rame color del rame
se non sai legger la poesia, poeta,
va' a farti fottere
 dal primo muratore che incontri
e guarda che in genere, i muratori, lo tengono tanto

chi semina vento raccoglie tempesta
dice il proverbio
io che ho sempre seminato tempesta
ho sempre raccolto frasi di conforto
e dimostrazioni d'amore imprevisto
tipo oggi
anche quando tutto questo merdoso mondo
mi sembrava sopraffatto di schifezze,
                                       catarri e gente astemia
una telefonata m'è arrivata
da un amico inaspettato

ma sto meglio, va'.

ed è tipo come se una nuova era fosse iniziata
di nuovo in pista
con un amico ritornato
tra un margarita e un mojito
vecchie conoscenze rinsavite
con capelli sempre più corti
(troppo)
coppie di donne da conquistare
con la forza bruta di sguardi e sbrodolii
tipo offrimi una sigaretta
(e tutta la collezione di frasi idiomatiche
   del caso)
per finire tipo come due poeti
tu e'l tu' vecchi'amico
distesi su un marciapiede
alle tremmezza di notte
con certi sorrisi aperti sulla faccia
guardando in su
con gli occhi chiusi
e la promessa di imparare a suonarlo
quel cazzo di sassofono

è una casa mai finita la mia vita
c'è sempre un muro da rifare
un intonaco crepato
un cornicione da stuccare

tutt'intorno c'è un'impalcatura
mezza montata
mezza no
che dà all'insieme
   (della casa che sarebbe la mia vita
    nella finzione di questa cosa
    che vo scrivendo)
un vezzo, per così dire, artistico

ci son pochi operai
intorno
scuri e silenziosi,
lavorano lenti
in contemplazione

ci son angoli
abbandonati
ormai incompiuti
occupati da ragni e piccioni

se piove
con l'acqua che scende dal tetto mezzo posato
(e mezzo no)
e cola sui mattoni
dei muri,
gli operai si fermano,
scendono dall'impalcatura
e si ritrovano tutti in una camera al primo piano,
fumano seduti per terra,
appoggiati agli stipiti,
con i nasi all'insù,
tastano le pareti assorti,
si scambiano parole basse

(mi sa che la mia vita
          è l'impalcatura)

ho una scatola per ogni cosa:

una per il ciarpàme
una per il facocèro
una per il sacripànte
una ingarbugliàta
una per il pachidèrma
una per zizzània
una per la chincaglierìa
una per la lontanànza
una per l'ebrézza
una sinuósa
una per il nuvolàme
una per l'estradizióne
una per il lampióne
una per le ciànce
una per i palidellalùce
una per il bitùme
una per la cagnàra
una per le guasconàte
una per le fanfalùche
una per la gattabùia
per la ghénga e il palombàro
una per gli spìcci
una per i manigòldi
una per un bravuòmo
una per uno sparacazzàte
una per un corsàro, brevilìneo,
una per i cicchètti
una per i gagliòffi
una è del senzamestière
una è dell'avvolgitóre
una la tengo sui comìgnoli
una per gli attaccabrìghe
una per i voltagabbàna
una per il briccóne
una per i colpibbàssi
una per i commiàti
una per i mocciósi
una per i petàrdi
una per gli apriscàtole
(una per le rottùre)

(ma è tutto un gran casino, si capisce,
ché di scatola n'ho una sola, e scassata)

poi per fortuna ci son film
come il mio nome è nessuno
e ci son cause perse
e ci son denti a pezzi
e ci son libri marci
e ci son discorsi da perdenti
e ci son barboni nelle strade
e ci son soli lune pianeti freddi o radioattivi
   da farci benedire d'esser su questo
e ci son donne da corteggiare
e donne da non corteggiare
e donne da corteggiare ma solo di traverso
e donne da corteggiare solo da sverso
e donne che corteggiarle è come tagliarsi con le pagine di un libro
e donne come libri tutte da sfogliare
    (alla ricerca delle figure)
e ci son donne da scriverne
e donne come muri
e ci son muri come muraglie
   da abbattere
e muri da costruire
e muri da scalare
e muri da attrezzare con attaccapanni
 e ci son panni
da lavare
e panni
da metter nell'armadio
con gli scheletri
e ci son modi di dire
e per modo di dire
                  potrei anche smetterla qui.

invece no,
perché ci son cose da scrivere sempre
ho creduto mai, io, nel punto a capo
o nel silenzio

nella concisione
in quella ho sempre creduto
nell'essere breve
in quello sì
(e niente battute)

scrivere poco
ma scrivere sempre
(bella questa: mo che me la segno)

pass'il tempo a legger poesie
bravuomo dei miei stivali
a pronosticar parole
dici sempre
questa l'han scritta col manuale
dici che sei bravo solo te
a scriver 'ste robe
macché
ma che poesie vai farneticando
sei peggio d'un nipote scriteriato
trovati un lavoro per cui campare
trova la donna che ti fa sentire le campane
zuccherose e mendaci come da mill'anni
   (e una notte)
dàtti un àndi
siam mica qui per cazzeggiare

lasciatemi stare,
son pur tornato
dopo essermela squagliata
ma vi voglio ringraziare
vi voglio lo stesso ringraziare
voi, che bravi,
portatevi pure via il meglio di me
io ne ho di gin
io di gin
ne ho
giù in cantina e anche un po' in solaio
in quei posti dove ci metti le cose
da dimenticare
e ci metterei pure
certe donne che ho avuto io
giusto per dimenticarle
e invece poi loro son ancora qui
in giro,
aspettano che torni
mi vengon a trovare
ingenue
innocenti
mi chiedon delle cose
mi chiedon spiegazioni
e io ho poco da protestare che m'han lasciato loro
voglion sentire ragioni no
queste donne del passato
così adesso è una certa canzone che vado ascoltando
mentre mi rimprovero
ed è un certo panino
che vado mangiando
(salsiccia e maionese)
per la precisione

la vita è come un melone
al sapore di cocco,
non so dirvi altro,
e mi è diventata come di cera,
secca e a scaglie come il moccio di candela,
impermeabile e bruciata,
estinta e rilevata.

voglio una vita con il drag&drop
(superaccessoriata)
e una vita di backup
dove i bei tempi son sempre quelli andati
dove ci si fuma una sigaretta lite
aspettando di capire il perché
(è che a volte la vita va
e io non prendo appunti)

piove la pioggia di Blade Runner
nera e artificiale
piove la solita roba
piove musica
pioggia pioggissima

mi piove addosso
la vita
e ho buttato l'ombrello
(lasciatemi bagnare)

sapete, c'è chi nasce spettatore.

gli passa davanti, la vita,
e lui sta lì a mirarla
senza distrarsi mai
ha pagato il biglietto
siede al suo posto
a quello giusto
comanda i muscoli delle braccia
delle ossa
se ne sbatte
chi gli è affianco è come ci fosse no
ma ha sempre sonno
e tiene gli stuzzicadenti pronti
in tasca
da ficcarsi negli occhi
a tener su le palpebre
li ha pronti
in tasca
i soldi giusti
d'ammollare al controllore
e c'è sempre un conto da pagare
c'è sempre una vita da guardare
c'è sempre chi è nato spettatore

noi si scrive come in trance
come se si violasse
la verginità indenne
di una monaca
come se si passasse il tempo
a guardare film idioti
come se il tempo passasse
dietro il sipario
di cinema
e teatri
idioti
ma con un piccolo senso
un piccolo senso di marcia
dal lavanda verso il toccarsi con le mani
o scopare a caso
o mangiare foglie
o accorgersi che le bottiglie
son svuotate
son rimaste senza
di colori
son liquori
brillanti di garzoni
col cazzo duro
(e per piacere
fornitemi d'una 'spressione equivalente femminile)

io non so che vuol dire pleonastico
ma son un' di quelli che assolderebbero
christopher walken
per svolazzare su e giù per un mio video
fottuto
da passare su mtv

son uno che si chiede perché
mi metto poi no
giù a scriver
sceneggiature
tipo quelle che piaccion a me
(dialoghi per la maggior parte)
sceneggiature bècere al punto giusto,
di quelle sceneggiature che ti fregano,
(tipo i romanzi di baricco)
tutte sapienza illusoria e un poco d'umorismo,
sapete,
quelle sceneggiature che poi diventan film
che magari c'è un sacco di gente,
che se n'innamora
(ma come tutti gl'innamoramenti,
poi,
se ne scorda abbastanza presto,
il sacco di gente).

a volte mi chiedo perché
poi non mi ci metto a farlo.

e mi rispondo che ci son già altri che lo fanno
pù bravi e belli e contenti
e io cosa c'entro,
che son senza personalità
che se vedo un film scritto da starnone
mi vien voglia di scriver come starnone,
se leggo un libro di miller, henry,
vorrei esser tipo lui,
se sento una canzone di rino gaetano
vorrei aver voce roca e cappello a cilindro

(infine, niente paura,
mi ricordo ch'io son io,
scrivo come me,
son tipo me medesimo,
e quest'è'l risultato:
il prossimo negroni è solo più da mescolare)

quand'ero piccolo
c'era mio padre
(adesso praticamente no)
e lui era tutta
la mia
solidità
la mia ispirazione
il mio esser futuro
e un giorno avrei avuto la sua capacità
di venir fuori dalle situazioni
era lui
era mio padre
e io ero piccolo
e pensavo che il mondo sarebbe migliorato
pensavo che un giorno il mondo sarebbe stato
in mano mia
lo pensavo
anche se mio padre me l'ha detto mai
anche se lui
(operaio come un dannato)
ha parlato mai
del futuro
a me

e io ho sempre creduto
ci sarebbe stato un giorno nuovo
(invece no)

poi ci siamo noi
ch'attraversiamo la nostra società
guardandoci no, in faccia
su 'sto tram scalcagnato
guidato da una femmina
bionda
e ci sarebbe da ridere
a raccontarci la giornata
tra di noi passeggeri abituali
lo deduco dalle facce mezze sveglie
e mezze no
piuttosto grugnose e tignose
e no
facce metalmeccaniche
e siderurgiche
tipo mio padre
rugoso scavato e tignoso
che lo so più no da quant'è che non lo guardo
in faccia
ed è come se sul tram delle seiemmezza
i pensieri ricaschino ogni sera
su quel che s'è sbagliato
su quanto poco abbiam parlato
a' nostri figli
sulle canzoni che abbiam composto no
per le nostre amanti varie
e tutte le assurdità
le debolezze su cui siam scivolati
e ci siam rialzati mai
    (ma passerà ben
                   un diluvio universale
           a ripulire il tutto)

poi ci son io
che penso al successo
e mi sa che tutti l'han confuso
   con i soldi
o col piantonare un programma
televisivo
   altolà
   chivalà
     son sempre io
   sei sempre tu?
   cheppalle
     son quel che ho 'l successo, i soldi, la notorietà
   (ma il canchero, se ti deve venire, ti viene uguale, va')

così
direi che voglio una vita iva compresa
(col valore aggiunto)
ma mica sempre
(mica si può godere ad orario continuato)
voglio la vita++ (col valore aggiunto)
e certe pause
   per star male un po'
poter sperare sulla prossima finestra di bellezza
(la vita piùppiù, appunto)

scendo
saluto la tramviera
bionda
sotto 'na pioggia 'sagerata e noiosa
e lo vedo bene
anche attraverso gli occhiali unti di goccioline al carburo
che razza d'umanità
siamo

mangio la minestra
di farro
alla finestra
penso agli antenati
miei che sarebbero decrepiti adesso
avrebbero addosso
pastrani di fustagno
amori caramelle e gingilli d'amaranto

e mentre rabbocco la fiaschetta mia
d'argento
di whisky di puro malto
d'oro
penso a tutta la birra che mi berrò stasera
e l'hallouiiin sarà triviale
sarà bestiale
sarà che squarcerò gole
(più la mia)
a forza di gridare
che ci son pure io
da qualche parte
se solo sapessi dove

(ed è questo scriver
che mi tiene in vita
che m'impedisce di dar di matto
che mi tiene incollati gli emisferi del cervello
questo scriver del cazzo
questa tastiera e questo computer
del cazzo
e quel po' di musica che riesce a suonare
è questo saperci tornare sopra a scrivere
che mi tiene in vita
e questa birra grande che m'accompagna
che mi sta a fianco
nei momenti quelli brutti
tipo adesso
è questo pensare a lei
questo gioco infinito
quest'ingranaggio sempre da oliare
questo doversi sporcare le mani
arrivare la sera con le mani sporche di grasso
con la testa piena di guano
guardar la gente
cambiare direzione
esser imbranati
darci dentro
scoparsi una, la notte, in mezzo a tutti gli altri residuati
di una festa di hallouiiiiiiiin
e lei che urla
ma cosa sei? cosa sei?!
e svegliarsi d'improvviso per 'sto casino di urli
prender appunti
farsi una sega
digerire, la domenica, tutta la bile della settimana passata
cercare ancora modi civili per mandare affanculo la gente

poterne più

aver la vita salva per questo scriver)

all'iterazione

M'aggiro scalzo nella notte
calpesto un gatto di sottecchi
impelagato negli specchi
del mio mondo rintanato
mondo mio poco amato.
Mi vesto: son pronto
all'arresto cardiaco idilliaco.
Ho indossato l'uniforme
del poeta: giacca scura
ho tanto freddo non paura.
Mi consolo con la prima
primavera mai vissuta.
Con solo gli anni più ansiosi
si dà il caso che abbia
risolto il caso strano
sulle Ande senza fine
così alte e sibilline
fino all'isola di Pasqua
di narranti di Chautauqua.
Sopra l'isola deserta
quella gente m'ha sconvolto
l'agnellino insanguinato
scorto appena torvo scuro
dietro il sasso prematuro.
Senza tempo è l'isoletta
canta il coro l'operetta
il mattino è soleggiato
dentro al muto cioccolato.
Senza posa senza senno
questi versi vo facendo
sciolti allegri innamorati
culi bianchi immacolati.
L'universo è un pomodoro
un pomodoro rivoltato.
Io lo guardo dall'interno
lui mi fissa desolato.
C'è un momento in cui è'l tempo
di mandare tutto e tutti
finalmente a cagare.
Dimmi, cosa devo fare?
"Il tuo cuore devi seguire,
non la ragione e poi perire."
Non capisco mi confondo:
non è forse il mondo tondo?
Domanda: ha ragione la ragione?
Risposta: a torto ha torto.
C'è chi ha capito tutto,
io no, ma fingo di brutto
In un cantuccio di silenzio
smesso il cruccio per Terenzio
l'amico perso, l'amico mio,
ho pregato il vecchio dio.
Stupide domande
all'amico che non c'è,
che non c'è e se n'è andato
come non fosse mai passato
sui percorsi mai percorsi
dentro scarpe di fortuna
ammiccando a qualche luna
gialla come un gran melone
di un metallo un po' banale
dentro il quale per errore
leggo tutto il mio avvenire.
Perché se non sei un gran fico
lei te la scordi, caro amico.
E' deserta e senza volto
un enigma mai risolto.
L'ho cercata risoluto
con la voce di pennuto.
Poi, rapito senza pietà
da' suoi occhi taffetà
e una lacrima sospinta
come folla già respinta,
giunta al colmo del declivio
scavalcare l'alto bivio
ha per giunta preferito,
della guancia il colorito.
Porco Giuda che bellezza
scesa bella dalla porta
muri bianchi lisci folti
lei si staglia nera corta.
Com'è bella bella bella
tutto palpita di lei,
quel muro scarno granuloso
sfondo bruno e permaloso
e'l nero manto che la copre
di leggero fil mediocre.
Dammi un bacio disgraziata
damm'un bacio svergognata
(con la lingua io dicevo
mica asciutto lo volevo).
Le gemelle dell'Amore
sono uguali dappertutto
tranne lì, in mezzo al mezzo,
a metà della metà.
Ti corteggio col sedere
col bisogno di vedere
che tu hai il mio culetto
bello alto tondo stretto.
Ania so che cosa pensi.
Cosa credi, non lo sappia?
Per tradizione ti tradisco
e rimetto su quel disco
per spossare la storia storta
rinnovar memoria corta.
Tu l'accorci, imprudente,
dallo scorcio tuo impudente.
Corri e piangi fino a riva
una viuzza intempestiva
un pelago in tuo soccorso
vorrà vivere il rimorso.
Un amore che s'incrocia
sulla croce dei dolori
vuol vederti nuda e vera
tutta tette e capinera
come se passassi adesso
lenta dura come un sasso
ritmo breve corpulento
colto appena da un lamento.
Passa sotto casa mia
bella e grassa gelosia
oppure lasciami stasera
occhi blu di capinera.
Danza e canta cardellino
con un'aria di bambino.
Hai capelli maculati
dipingi canti accovacciati.
"Cerco l'oro o fratello
lascia perdere il fardello
di supplizi e costrizioni
di insalate e piantagioni
e carezze mai ridate
prese a prestito o celate."
Ma nel cuore mi si ferma
il calore della forma
di formaggio tutto buchi
il tuo seno come pochi.
Come lasciarti, poveretta,
senza averti vista tutta
come un plastico banale
geografia tridimensionale?
Dirti: Ehi, tette grosse,
se le premo, passa tosse?
Se non 6 insieme a me,
6 andata con quell'altro!
Non sopporto di saperti
con quel porco (tuo marito).
Voglio un rapporto
sui tuoi rapporti con me.
Ti dimentico stasera
silenzio perenne
corrugato sulla fronte
recitato roco e grave
dalla voce di Caronte.
Non ti sopporto
senza l'apporto di te.
Il tramonto ti tradisce
e di nuvole perisce
non dovevi mal ferirlo
con le occhiate tramortirlo.
Ora piange ora è solo
ora piove lacrimoso.
Solo il sole salpa senza
casca, cade, che cadenza!