L’usucapione abbreviata (artt.1159 e ss.del Codice Civile)

 

Avv. Carl'Alberto Pradella

L’usucapione, istituto disciplinato dagli artt.1158 e ss. del C.C., è un mezzo di acquisto della proprietà, o di altro diritto reale, a titolo originario: cioè senza che vi sia alcun nesso di derivazione tra il diritto esercitato sul bene dal precedente titolare, che pertanto si estingue, e quello, del tutto nuovo, acquistato dal possessore con l’usucapione [1].

La figura in esame risponde a precise finalità socio-giuridiche tra le quali, per importanza, ricordiamo: quella di rendere più stabile la proprietà (costituendo l’usucapione una ragione giustificatrice della titolarità del bene in aggiunta a quella, generalmente ma non necessariamente, di natura derivativa-traslativa o, all’occorrenza, in sostituzione di essa, ove la medesima sia invalida e/o inefficace [2]) e quella, non meno rilevante, di premiare il soggetto che ha dimostrato una maggiore propensione allo sfruttamento e valorizzazione del bene. Il tutto nell’ottica di una intensificazione della circolazione della ricchezza e dei traffici giuridici.

L’usucapione si produce, automaticamente, per effetto del mero verificarsi delle condizioni fissate dalla legge per cui, l’eventuale pronuncia giudiziale di riconoscimento della stessa, sortisce un’efficacia meramente dichiarativa.

L’istituto de quo, in assenza di diversa disposizione, deve reputarsi, alla luce del principio generale espresso dall’art. 11 delle Preleggi, priva di efficacia retroattiva: ossia, operante non già, a far data dal momento in cui è iniziato il possesso utile ad usucapionem , bensì, soltanto, dal giorno in cui è maturata [3].

L’usucapione si fonda su due elementi imprescindibili, il possesso ed il tempo, sui quali è necessario soffermarsi brevemente.

Il possesso è l’istituto che descrive l’esercizio da parte di un soggetto, legittimato o meno, di un potere di dominazione su di una cosa [4]. In particolare, il requisito in esame presuppone l’animus possidendi, cioè la volontà da parte del soggetto di esercitare sul bene i poteri tipici del proprietario (o del titolare di un diritto reale di godimento [5]). Inoltre, se a questa componente soggettiva si aggiunge quella oggettiva della disponibilità materiale della cosa, il possesso si definisce diretto, mentre, se il bene è detenuto da un terzo, diverso dal possessore, ma consapevole della signoria esclusiva detenuta da quest’ultimo sulla res, il possesso si qualifica come mediato.

Il possesso, pur non costituendo una situazione giuridica soggettiva qual è, a titolo di esempio, un diritto o un interesse legittimo, ciò non di meno, è contemplato e tutelato dall’ordinamento giuridico [6].

Altresì, per quello che qui preme rilevare, il possesso del bene, per poter condurre all’usucapione, non deve essere né clandestino né violento, bensì pubblico [7]. Se così non fosse, di esso si potrebbe tener conto solo quando lo stato di violenza o clandestinità fosse cessato.

Inoltre, il possesso deve essere inequivoco, ossia, certo ed inidoneo a generare nei terzi il dubbio sulla effettiva intenzione del soggetto di esercitare un potere di dominazione sulla cosa.

Il secondo elemento, sul quale è opportuno intrattenersi, è il fattore temporale. Difatti, un requisito indispensabile per il perfezionamento dell’usucapione è quello che il possesso del bene sia continuo ed ininterrotto nel tempo. In particolare, il possesso si considera continuo quando viene esercitato con regolarità e, non soltanto, in modo occasionale [8].

Non di meno, si parla di interruzione del possesso in presenza di un evento, naturale o civile, che impedisce la prosecuzione dello ius [9] possessionis. L’interruzione è naturale quando il possessore è stato privato del possesso per oltre un anno (ad es. in conseguenza di uno spoglio del bene).

L’interruzione è civile quando contro il possessore è stata esercitata una domanda giudiziale ( ad es. di rivendicazione della proprietà) tesa a contestare la legittimità del potere esercitato sulla cosa [10].

A questi fondamentali requisiti, ai fini del perfezionamento dell’usucapione abbreviata [11] di cui agli artt.1159c.c. e ss., oggetto della presente trattazione, se ne debbono aggiungere altri e, precisamente, nell’ordine: la buona fede del possessore, il titolo astrattamente idoneo al trasferimento e la trascrizione dello stesso.

La buona fede, che la legge esige debba accompagnarsi al possesso, è quella (di tipo soggettivo [12]) prevista dall’art.1147c.c.: ossia l’ignoranza incolpevole di ledere un diritto altrui.

Essa, ai sensi della norma da ultimo citata, si presume, ed è sufficiente, che sussista al momento della presa di possesso del bene, se successiva alla stipulazione del negozio traslativo [13].

E’ pure necessario, per il compimento dell’usucapione abbreviata, l’esistenza di un titolo astrattamente idoneo al trasferimento del bene oggetto del possesso. Tale deve reputarsi un atto di natura traslativo-derivativa o traslativo-costitutiva [14] proveniente a non domino [15].

Oltretutto, il titolo può essere considerato idoneo solo quando l’oggetto in esso descritto coincide con quello sul quale è concretamente esercitato il possesso [16] . Per cui, se per ipotesi, in un atto di compravendita viene individuato un immobile con i confini ed i dati catastali difformi da quelli caratterizzanti il bene oggetto del possesso, il titolo di trasferimento è inidoneo a fondare l’usucapione abbreviata.

Infine, è richiesta la trascrizione del titolo [17] poiché, da quel preciso momento, decorre il tempo occorrente per l’usucapione del bene. Da sottolineare che l’usucapione, maturata in conseguenza del soddisfacimento dei requisiti prescritti ex lege, non può essere contrastata da eventuali titoli d’acquisto dello stesso bene trascritti anteriormente a quello, (astrattamente idoneo), sul quale si fonda l’usucapione. Ciò si verifica, semplicemente, perchè il diritto sorto per effetto dell’usucapione estingue tutti i diritti preesistenti ed incompatibili con esso. Tuttavia, la giurisprudenza ha ritenuto che l’esistenza di trascrizioni nei pubblici registri a carico del bene, antecedenti a quella (di trascrizione sulla medesima res) funzionale al compimento dell’usucapione abbreviata, a motivo dell’effetto pubblicitario che ad esse si accompagna e, pertanto, per la loro conoscibilità da parte di un qualunque soggetto munito di ordinaria diligenza, esclude la buona fede, presunta ex. art.1147c.c. [18], in capo all’usucapiente [19].

E’ controverso, in dottrina e in giurisprudenza, se l’usucapione abbreviata maturi anche quando il titolo astrattamente idoneo sia stato trascritto posteriormente alla domanda diretta a far accertare la nullità del titolo originario del dante causa. La risposta positiva è sostenuta dalla giurisprudenza [20], per la quale, l’usucapione abbreviata matura, comunque, anche nell’ipotesi in cui venga inficiata la validità del titolo d’acquisto del dante causa. Ciò, accade perchè la dichiarazione di nullità de qua non può incidere sulle situazioni giuridiche che trovano tutela, come nel caso di specie, non già in forza del predetto titolo, bensì di altro, e, precisamente, di quello che è alla base del trasferimento del diritto dal falso titolare del diritto all’usucapiente.

L’usucapione abbreviata, al pari di quella ordinaria, può avere ad oggetto non solo il diritto di proprietà bensì, anche, un diritto reale di godimento parziario come, ad es.: l’usufrutto, l’uso, l’enfiteusi, la superficie e la servitù apparente [21] (in forza di un diritto idoneo a costituire la medesima e debitamente trascritto)[22].

L’usucapione abbreviata può riguardare sia beni immobili, sia beni mobili soggetti o meno a registrazione e sia, infine, universalità di mobili. A seconda della natura del bene oggetto di usucapione la legge prescrive, oltre alla sussistenza dei succitati requisiti, una durata del possesso più o meno lunga.

In particolare, l’usucapione abbreviata di immobili (art.1159c.c.) richiede che il possesso si sia protratto ininterrottamente per dieci anni, a far data dalla trascrizione del titolo.

Diversamente, per i beni mobili non registrabili (art.1161c.c.), quando manca il titolo idoneo, indispensabile per l’acquisto immediato del bene ex art.1153c.c., ma sussistono gli altri requisiti, l’usucapione si compie per effetto del possesso protratto per dieci anni [23].

Non ultimi, i beni mobili iscritti in pubblico registro sono usucapibili in via abbreviata, ed in sussistenza degli altri elementi, in virtù del possesso continuato per tre anni ( art.1162 comma 1 c.c.). Tuttavia, si osserva, il comma 2 del predetto articolo, prevedendo che in mancanza delle condizioni per l’usucapione abbreviata triennale l’usucapione matura comunque in dieci anni, si pone in aperto contrasto con quanto disposto dall’art.1161c.c.comma 2, il quale, stabilisce che per i beni mobili non soggetti a registrazione, se il possesso è in mala fede, l’usucapione si compie decorsi venti anni.

Ora, pare illogico oltre che discriminatorio, che il Legislatore abbia deciso di riservare al possessore in mala fede di un bene mobile soggetto a registrazione, rispetto al quale l’usucapione matura decorsi dieci anni, un trattamento differenziato da quello previsto per il possessore in mala fede di un bene mobile non iscrivibile in un pubblico registro, per il quale l’usucapione si perfeziona in venti anni. Pertanto, la soluzione più ragionevole è quella di equiparare la disciplina dei beni mobili iscritti nei pubblici registri a quella di cui al citato art.1161 comma 2 c.c.[24]

Da ultimo, per l’usucapione breve delle universalità di mobili è richiesto, ex art.1160c.c.,unitamente agli altri requisiti, il possesso ininterrotto per 10 anni [25].

Un’ipotesi particolare di usucapione abbreviata di immobili è quella regolata dall’art.1159bis c.c. la quale ha ad oggetto la piccola proprietà rurale.

La norma, introdotta con legge n.346 del 10-5-1976, contempla, sia i fondi rustici con annessi fabbricati situati in comuni classificati montani (per tali intendendosi quelli situati per almeno l’80% della propria estensione al di sopra dei seicento metri di altitudine sul livello del mare) sia i fondi rustici con annessi fabbricati non classificati in comuni montani ed aventi un reddito dominicale non eccedente gli €.180,76, così come fissato dall’art.6 della Legge n.97 del 31-1-1994 recante nuove disposizioni per le zone montane. Ai sensi dell’art.3 della predetta Legge il riconoscimento della proprietà acquistata per usucapione può essere ottenuto in forza di ricorso [26] al tribunale del luogo in cui è situato il fondo [27]. Da evidenziare che il provvedimento di accertamento della proprietà, emesso dall’autorità giudiziaria in caso di accoglimento dell’istanza, non acquista efficacia di cosa giudicata [28] ma costituisce un mero titolo per ottenere la trascrizione del diritto. Pertanto, coloro che ritengono di essere titolari di diritti contrastanti con quello accertato con il decreto, e che non abbiano partecipato al procedimento di riconoscimento, possono agire in sede contenziosa per l’accertamento del proprio diritto [29]. In special modo, si segnala che il provvedimento di riconoscimento de quo non è opponibile all’intestatario dei beni, usucapiti dal terzo, il quale non sia stato, preventivamente, sentito in contraddittorio con l’usucapiente in occasione del procedimento di accertamento [30].

La giurisprudenza, operando un’evidente interpretazione estensiva della norma, ritiene che l’art.1159bis c.c. debba trovare applicazione anche quando il fondo rustico sia privo di fabbricati [31] e, nonostante, vi sia stato mutamento della destinazione da agricola ad urbana successivamente alla maturazione dell’usucapione.

Peraltro, quasi a voler controbilanciare il predetto allargamento della portata del dispositivo della norma citata, la stessa giurisprudenza ha sancito che l’usucapione potrà essere invocata, soltanto, se il fondo, iscritto al catasto terreni, sia concretamente destinato ad attività agricola [32].

Nella fattispecie in oggetto l’usucapione abbreviata del fondo matura con il possesso protratto per 5 anni dalla data della trascrizione del titolo.

La legge introduttiva dell’articolo 1159bis, in esame, è irretroattiva, per cui, il possesso che sia maturato in epoca anteriore all’introduzione della novella, in termini sufficienti per il perfezionamento dell’usucapione abbreviata (ai sensi della nuova disciplina ma insufficienti per quella precedente), se interrotto prima dell’entrata in vigore della nuova legge, non potrà essere utilmente invocato per affermare l’avvenuta usucapione del bene [33] .

 

[1] Viceversa, l’acquisto del diritto è a titolo derivativo quando esso trae la propria origine da un atto di trasferimento intervenuto tra il precedente titolare e quello attuale. In particolare, il diritto acquistato a titolo derivativo non può eccedere, (ma può essere più limitato), contenutisticamente la portata del diritto esercitato dal dante causa in base al noto principio “Nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet”.

[2] Per ulteriori ragguagli in proposito si rimanda al mio breve contributo “accessione del possesso” pubblicato sempre su Filodiritto.

[3] Codesta affermazione è gravida di conseguenze, se si pensa, a titolo di esempio, a un bene acquistato per usucapione maturata durante il matrimonio ed in costanza di regime di comunione legale. Difatti, in questo caso, la res cadrà sempre in proprietà di entrambi i coniugi, anche quando, per ipotesi, uno soltanto di essi aveva iniziato a possederla anteriormente all’instaurazione del predetto regime patrimoniale di famiglia.

[4] Secondo la tesi preferibile tutte le cose dotate di corporeità sono suscettibili di possesso, eccezion fatta per quelle immateriali, per le quali, l’assenza di un substrato naturalistico rende difficoltosa la possibilità di configurare una situazione possessoria.

[5] Per contro, non si instaura una relazione possessoria con il bene quando il godimento di esso, da parte del terzo, avviene sulla base di un preventivo permesso accordato dal legittimo proprietario. Infatti, in questo caso, si parla di mera tolleranza (1144 c.c.) del dominus all’uso della cosa esercitato dal terzo.

[6] Si pensi ad es. alle azioni possessorie di reintegrazione e di manutenzione di cui, rispettivamente, agli artt.1168 e 1170 c.c. nonché a quelle di nunciazione, quali la denunzia di nuova opera (art.1171c.c.) e di danno temuto (art.1172c.c.), esperibili, tra gli altri, anche dal possessore.

[7] Ciò, affinché sia resa manifesta l’intenzione del possessore di assoggettare la cosa al proprio potere (Cfr. Cass. n. 6997 del 17-7-1998, in Giust. civ. Mass., 1998, p.1547).

[8] A questo proposito la legge presume, ex art.1142c.c., che il possessore attuale, che tale sia stato anche in un momento anteriore, abbaia posseduto anche in epoca intermedia.

[9] Il termine ius, ovviamente, deve intendersi, per quanto precisato in precedenza, in senso atecnico.

[10] Diversamente, la mera contestazione orale od a mezzo di lettera raccomandata di messa in mora non è idonea ad interrompere il possesso in atto.

[11] La diversità sostanziale tra usucapione ordinaria ed abbreviata sembrerebbe confermata dalla circostanza che costituisce domanda nuova, e quindi inammissibile, quella introdotta in corso di causa dalla parte, la quale chiede l’accertamento dell’usucapione breve in luogo di quella ordinaria originariamente dedotta (così Cass.n.3815/1991,in Giur. it.,1992, p.2248 e Cass.n.10962/1994, in Giust. civ. Mass., 1994, fasc. 12). Tuttavia questa affermazione è stata, in parte, sconfessata dalla stessa Suprema Corte (Cfr. Cass. n.1459 del 1995, in Giust. civ. Mass, 1995,p. 312 ) che ha statuito che non incorre in vizio di ultrapetizione il giudice che, richiesto di accertare la ricorrenza dell’usucapione abbreviata del diritto, invece, giunge ad appurare, con il conforto delle prove acquisite al processo, l’esistenza del preteso diritto sulla base di un diverso titolo: ossia l’usucapione ordinaria. Peraltro, a ben vedere, la soluzione preferibile appare, forse, quella di consentire, nel corso del procedimento, la deduzione del nuovo titolo giuridico di acquisto, (in luogo di quello originario), del diritto reale di godimento. Difatti, i diritti reali, (passibili di usucapione), permangono sempre gli stessi a prescindere dalla fonte (usucapione ordinaria piuttosto che compravendita ecc.) che li abbia generati. Ad es., se Tizio invoca la tutela del suo diritto di proprietà su di una cosa, e nel farlo dichiara di averla acquistata a mezzo di compravendita e, successivamente nello stesso processo, sostiene di averla ottenuta in forza di permuta, la domanda non muta, e, quindi, è ammissibile, perché i diversi titoli dallo stesso invocati sono prodromici alla costituzione dello stesso (ed unico) diritto di proprietà. Pertanto, come ha correttamente affermato autorevole dottrina (C.Mandrioli, in Corso di diritto processuale, Tomo I°, 2002, p.107) nel caso di domanda avente ad oggetto un diritto reale di godimento: ”tutti i possibili fatti genetici (quindi, nel nostro caso, tanto l’usucapione abbreviata quanto quella ordinaria) sono deducibili senza che ne consegua mutamento della domanda”, semplicemente, perché è il petitum (il diritto invocato) a caratterizzare la domanda formulata dal soggetto mentre la causa pretendi (il titolo giustificativo), anche se cambiata, non avendo alcuna incidenza sull’ identità del diritto azionato, che resta il medesimo, passa in secondo piano. Diversamente, accade per i diritti relativi (es.diritti di obbligazione) i quali dipendono ciascuno da un unico fatto costitutivo.

[12] Da non confondere con la buon fede in senso oggettivo che, invece, rilevando come regola di comportamento, si traduce nella necessità che il contegno del soggetto sia improntato alla correttezza e lealtà. In questo senso, si pensi, a titolo di esempio, alla buona fede che deve caratterizzare la condotta delle parti nella fase precedente e successiva al perfezionamento del contratto (cfr.artt.1337,1366 e 1375 c.c.).

[13] Si veda al riguardo Cass.n.3703 del 08-11-1968. In dottrina, sul punto, si veda C.M.Bianca, in La proprietà, trattato Diritto Civile, Tomo VI°,1999, p.822. Secondo una tesi minoritaria la buona fede deve sussistere al momento della trascrizione: essendo quest’ultima un elemento ulteriore che concorre al perfezionamento della fattispecie. Si veda al riguardo Gazzoni, La trascrizione immobiliare, I, in Comm. al Cod. Civ. diretto da Schlesinger, 1998, p.52.

[14] Il quale, diversamente dall’atto traslativo-derivativo idoneo a trasferire un diritto della medesima ampiezza di quello del dante causa, è funzionale alla cessione di un potere più limitato di quello esistente in capo all’alienante.

[15] E’ altresì idoneo, sino al momento dell’eventuale accertamento giudiziario, il titolo annullabile essendo, lo stesso, caratterizzato da un’efficacia precaria. Inoltre, non soltanto un negozio privato può essere idoneo per l’acquisto a titolo originario de quo, ma anche un provvedimento di natura amministrativa o giurisdizionale. E’ pure titolo funzionale all’acquisto del diritto, per usucapione abbreviata, l’atto di donazione a non domino il quale, non essendo riconducibile alla previsione di cui all’art.771c.c., che sancisce la nullità della donazione di beni futuri, non è invalido. Difatti, la futurità del bene postulata dalla citata norma imperativa è da intendersi in senso assoluto, cioè in rerum natura, e, non soltanto, come nel caso di donazione di cosa altrui, con riguardo al patrimonio del disponente. Si veda, in merito, Cass.n.1596 del 5-2-2001, in, Giust. Civ. Mass., 2001, p.203 la quale, mutando opinione rispetto al passato, ha così statuito: “La donazione di beni altrui… è semplicemente inefficace e, tuttavia, idonea ai fini dell'usucapione abbreviata, in quanto il requisito, richiesto dalla predetta disposizione codicistica, della esistenza di un titolo che sia idoneo a far acquistare la proprietà o altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, va inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto, e non in concreto, a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l'acquisto del diritto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare”. Diversamente, non costituisce titolo idoneo quello che, pur provenendo a domino, sia affetto da nullità, o da altro vizio inficiante (cfr. Cass. n. 5894 del 20-4-2001, in Giur. It., 2002, p.265). Neppure, è titolo idoneo la successione universale nel patrimonio del defunto (sia essa testamentaria o ex lege) in considerazione del fatto che il titolo richiesto per l’usucapione deve essere di natura particolare e non già, come nell’ipotesi considerata, di carattere generale (cfr. Cass. n. 1976 del 21-3-1986 e Trib. di Verona del 19-11-1999, in Giur. Mer., 2000, p.551). Infatti, l'accettazione dell'eredità, facendo subentrare il successore nell'intero ed indistinto patrimonio del testatore, o in una quota ideale di esso, non consente l'accertamento dell'esatta corrispondenza tra l’immobile posseduto e quello dedotto nel titolo, come, invece, richiesto dall'art. 1159 c.c.ultimo citato (cfr. Cass. n. 6890 del 23-7-1994,in Giur. it., 1995, I,1, p.1267). Anche la divisione è titolo inidoneo perché, essa, ha efficacia dichiarativa del diritto e non costitutiva di esso: come diversamente richiesto per il titolo strumentale all’usucapione abbreviata. Infine, non costituisce titolo idoneo ai fini dell’usucapione quello proveniente dal falsus procurator. Difatti, il titolo, per quanto inefficace in concreto, può considerarsi idoneo se possiede, in astratto, tutti i requisiti necessari, e sufficienti, al trasferimento del diritto e non solo, come nel caso ora considerato, una parte di essi. Difatti, l’attività del falsus procurator necessita sempre, per il proprio completamento, della ratifica da parte del dominus (così Cass.n.1813 del 20/3/1982, in Giust. civ., 1982, I,p.1818).

[16] Così Cass.n.2693 del 16-3-1987, in Giust.civ.Mass., fasc.3 e Cass. n.680 del 6-2-1982, in Giust.civ.Mass., fasc.2.

[17] E’ bene puntualizzare che la trascrizione, pur costituendo un’ incombenza necessaria per l’usucapione abbreviata, non può supplire ad eventuali cause di nullità dell’atto di trasferimento e, ciò accade, perchè essa assolve, soltanto ad una funzione di pubblicità dichiarativa.

[18] Trattasi di presunzione semplice (iuris tantum) che ammette la prova contraria.

[19] Con conseguente inutilizzabilità dell’usucapione abbreviata e residua possibilità di ripiegare, ove ne siano integrati i presupposti, su quella ordinaria. Si veda sul punto Cass.n.3239 del 5-4-1994, in Giur.it., 1995, p.633 e ss. Peraltro, recentemente, la Cassazione con pronuncia n.13929, del 25-9-2002, in Gius.civ., 2003, p.682, ha stabilito che la presunzione di buona fede del possessore può essere vinta dimostrando che l’acquirente a non domino era nella condizione di poter, anche soltanto, dubitare della titolarità effettiva del bene da parte dell’alienante.

[20] Così Cass.n.1292 del 7-5-1974. Dello stesso parere, in dottrina, S.Ruperto, in “L’usucapione”, 1992, p.154.

[21] Tali sono le servitù per l’esercizio delle quali sono destinate opere visibili e permanenti tali da rilevare, in modo non equivoco l’esistenza del diritto di godimento. Ad es. la servitù di passaggio è apparente quando vi sia un sentiero (anche soltanto naturale) che indichi il calpestio del soggetto che ne fruisce.

[22] E non anche i diritti personali di godimento, i diritti reali di garanzia, i diritti sui beni immateriali ed i beni facenti parte del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato ( si veda in merito C.M.Bianca, op.cit., p.814).

[23] In particolare, per quanto riguarda l’usucapione abbreviata di titoli azionari, beni mobili passibili di possesso, la Cassazione, con sentenza n.2103 del 6/4/1982, in Riv del not., 1983, p.1237, ha statuito che:”Per aversi usucapione abbreviata (decennale) di un titolo nominativo azionario è necessario: a) un possesso caratterizzato dalla duplice intestazione formale sul titolo e nel registro dell'emittente e consistente nell'esercizio dei diritti inerenti alla qualità di socio; b) la buona fede, includente il convincimento dell'esistenza di un titolo idoneo al trasferimento delle azioni. Tale possesso di buona fede deve pertanto sussistere sia in ordine alla idoneità nel negozio traslativo a trasferire il diritto cartolare, sia relativamente ai requisiti formali che sono necessari "ad legitimationem".

[24] In dottrina, si veda sul punto, F.Gazzoni, in Manuale di diritto privato,1999, p.232.

[25] Alle universalità di mobili si estende la disciplina di cui agli artt.1158 e 1159 c.c. prevista per l’usucapione dei beni immobili.

[26] Il quale dovrà contenere l’indicazione degli elementi utili a dimostrare l’avvenuta usucapione del fondo.

[27] Inoltre la disciplina dettata dall’art.1159bis c.c. è applicabile, unicamente, all’ipotesi di acquisto a titolo originario del diritto di proprietà e, non anche, alla fattispecie di acquisto di altro diritto reale di godimento (così Cass.n.867 del 26-1-2000, in Giust.civ.Mass., 2000, p.152.

[28] Ed anche se nessuno ha proposto opposizione entro il termine di cui all’art.3 della legge 346 del 1976.

[29] Si veda, in questo senso, tra le tante, Cass.n.2160 del 25 febbraio 1995, in Giur.it., 1996, p.994 e Tribunale di Bergamo, 12 giugno 2002, in Giur.merito, 2002, p.1249.

[30] Così Cass.n.8311 del 1990,in Giust.civ.Mass., fasc.8.

[31] In questi termini, Cass.n.10301 del 18-10-1993, in Vita not., 1994, p.807.

[32] Così Cass.n.1045 del 29-1-1995, in Giust. civ. Mass., 1995, p.217. Sempre nell’ottica di una applicazione restrittiva della norma si registra Cass. n.2159 del 26-3-1986, in Giur. agr. 1986, p,600 (nota), secondo la quale l’art.1159bis non è applicabile ad una striscia di terreno priva di una destinazione produttiva.

[33] Così Cass.n.10824/1994, in Gius.civ. mass., 1994, p.1639, Cass.n.601 del 31-1-1989, in Giust. civ. Mass., 1989, fasc. 1 e Cass.n.101 del 7-1-1984, in Riv. giur. Edilizia, 1984, I, p.208.