Stato dell’arte sulla fluoroprofilassi
con focalizzazione sulla fluoroprofilassi sistemica
-Indicazioni posologiche in
relazione alla realtà italiana-
Metabolismo ed attività del fluoro
Il fluoro è un elemento diffusissimo in natura ed ha una
farmacocinetica basata su un assorbimento essenzialmente
intestinale che può essere influenzato da fattori
contingenti particolari (per esempio, l’alimentazione).
Quando il fluoro è in forma biodisponibile,
l’assorbimento è ottimo e la distribuzione nei tessuti
pressochè ubiquitaria, con una deposizione prevalente
nel tessuto osseo e nel dente. In queste ultime sedi il
fluoro va a sostituire l’idrossile dell’idrossiapatite
con meccanismo di scambio ionico, formando la
fluoroapatite; questo si verifica prevalentemente
durante l’osteogenesi, o comunque durante le fasi di
formazione dello smalto del dente. L’azione del fluoro è
quindi molto più efficace durante la fase di crescita
sia dell’osso che del dente. Vi è ormai una consolidata
esperienza a livello mondiale per quanto riguarda la
somministrazione del fluoro, sia attraverso la
fluorazione delle acque (tale approccio è adottato da
tutto il continente nord americano), sia altri metodi
che prevedono aggiunta al latte, al sale ed ai cibi. Il
sistema adottato da parte dei paesi dell’Europa
occidentale, ormai attivo da moltissimi anni, è la
somministrazione di fluoro per via orale attraverso
farmaci o integratori dietetici. Non vi è infatti alcuna
differenza negli effetti fra l’assunzione attraverso gli
alimenti e quella integrativa per via orale. Quest’ultima
ha un’azione generale sistemica particolarmente evidente
nell’età evolutiva, cioè quando si ha la formazione del
dente, ma permette anche un’azione topica. Il fluoro
viene infatti anche escreto attraverso la saliva,
esercitando così un effetto topico positivo anche sul
dente già formato. L’azione topica da sola può essere
ottenuta anche in altri modi, con le paste dentifricie
ed i colluttori, e può avere una sua utilità nel dente
già formato. L’età migliore per iniziare la profilassi è
addirittura quella prenatale, perchè il fluoro
somministrato durante la gravidanza protegge la madre,
proteggendo quindi indirettamente anche il feto quando
inizia a formarsi la gemma dentale. La profilassi va
quindi iniziata prima della nascita, e proseguita dalle
due settimane dopo il parto, con assunzione regolare. La
sospensione porta infatti alla riduzione dei benefici
della profilassi, che deve quindi essere effettuata in
modo continuo durante tutta l’età evolutiva.
Sicurezza d’uso e tollerabilità
Il fluoro può essere anche tossico, ma la dose letale è
superiore ai 5 grammi, cioè da 5000 a 20000 volte la
dose utilizzata per la profilassi. Il sovradosaggio
cronico avviene quando si superino di molto le dosi che
possono essere somministrate con i prodotti disponibili
e per lungo tempo. In questo caso si può andare incontro
ad un fenomeno chiamato fluorosi, che costituisce un
danno di tipo solo estetico, seppure indubbiamente
sgradevole, che comunque non ha risvolti patologici. Nel
nostro paese la fluorosi è un riscontro praticamente
assente, con percentuali talmente basse da non essere
quasi rilevabili, e quindi da non doversi considerare un
problema. Per quanto riguarda la disponibilità di dati
epidemiologici sulla fluorosi e sulla sua incidenza in
Italia, questi sono molto esigui proprio per
l’irrilevanza del fenomeno. E’ stato realizzato qualche
studio, ma sono pochissimi e relativi alle aree in cui
il problema esiste: solo due zone a rischio ben note,
quella del Vesuvio, ed in misura assai minore quella
dell’Etna. L’incidenza sembra comunque essere
bassissima, forse intorno all’1-2%, tale dunque da
potersi considerare la fluorosi in Italia un falso
problema. Va peraltro segnalato che i ragazzi italiani
hanno i denti pieni di macchie bianche, gessose ad
eziologia sconosciuta, che vengono erroneamente
scambiate per macchie di fluorosi; proprio questo errore
è all’origine dell’aumento, soltanto apparente, del
fenomeno. Relativamente al rischio fluorosi, occorre
considerare la presenza del fluoro nelle acque potabili,
tenendo conto del fatto che l’Italia ha una duplice
particolarità:presenta alcune zone (quelle del Vesuvio
e dell’Etna) in cui l’acqua dell’acquedotto presenta un
alto contenuto in fluoro già in partenza, e zone in cui
il contenuto è invece basso.
Fluoro ed
acque: situazione idrica in Italia ed acque minerali
Sull’argomento “fluorurazione delle acque” è attualmente
in corso un dibattito a livello europeo, perchè alcune
nazioni sono favorevoli all’aggiunta di fluoro nelle
acque, mentre altre non l’hanno adottata e non la
vogliono prendere in considerazione. Per quanto riguarda
l’Italia, la nostra legislazione nazionale è in linea
con le direttive europee. La legge attuale sulle acque,
la 152/99, poi modificata successivamente dalla 258/00,
ed il DL 31/01 con le successive modifiche ed
integrazioni del DL 27/02, fissa un valore guida del
fluoro compreso fra 0,7 ed 1 mg/l ed un valore massimo
pari ad 1,5 mg/l. Questi valori sono quelli previsti per
le acque profonde, le più pure, mentre per quelle
superficiali trattate si può arrivare anche ad 1,7
mg/l. L’analisi della situazione per quanto riguarda le
acque potabili in Italia fa registrare una certa
eterogeneità. Per esempio nell’ambito della regione
Campania sono stati fatti alcuni studi, poi pubblicati,
in cui sono stati campionati due gruppi di popolazione
infantile delle scuole medie: nel gruppo residente nelle
zone in cui il contenuto in fluoro delle acque è pari a
4 mg/l, quindi molto elevato, è stata riscontrata una
percentuale di fluorosi del 53%, ma in compenso i
bambini erano esenti da carie; in coloro che risiedevano
in zone con concentrazione di fluoro pari a 0,3 mg/l,
valore molto basso, si è invece osservata un’assenza
quasi totale di fluorosi, ma molti episodi di carie. In
Italia nella maggior parte degli acquedotti il livello
di fluoro si assesta su un valore decisamente basso. Non
bisogna però dimenticare che nel nostro paese si ha un
elevato consumo di acque minerali, e ci si sta
disaffezionando sempre più dall’acqua del rubinetto, che
si usa solo per il lavaggio dei denti. Di fronte alla
decisione se descrivere o meno la fluoroprofilassi, il
pediatra deve tener conto non solo del livello del
fluoro nell’acquedotto, ma anche nell’eterogeneità del
contenuto in fluoro delle diverse e numerose acque
minerali. Facendo riferimento ai risultati di uno studio
condotto nella provincia di Roma, ci si è chiesta la
ragione del miglioramento nello stato dentale dei
bambini che è stato osservato, pur in presenza di uno
scarso contenuto in fluoro nell’acqua potabile. La
risposta che si è data è che il fenomeno può essere
correlato ad un consumo sempre maggiore di acque
minerali, che in molti caso superano i 2 mg/l di fluoro.
In particolare, in Italia le acque minerali vengono
suddivise in 4 classi:
-
Gruppo 1, con contenuto
in fluoro non indicato (Stella Alpina, Evian, Fonte
Alba, Perrier)
-
Gruppo 2, a sua volta
suddiviso in 2 sottogruppi: 2A, che contiene
l’elemento in tracce (San benedetto, Vera, Levissima)
e 2B, il più numeroso, che contiene una
concentrazione di fluoro inferiore a 0,3 mg/l (Fiuggi,
Primula, Lora Recoaro, Rocchetta, Panna)
-
Gruppo 3, con un
contenuto in fluoro fra i 0,3 ed i 0,7 mg/l, quindi
equiibrato (Ferrarelle, Boario, Pracastello, Levico,
San Pellegrino)
-
Gruppo 4, con un
contenuto molto alto, superiore a 0,7 mg/l (Uliveto,
San Paolo, Acqua di Lepe)
Considerando che l’introito di fluoro attraverso l’acqua
è stimato al 30-70% del totale, nel decidere se attuare
o meno la fluoroprofilassi occorre quindi anche tener
presente che ipo di acqua beve il soggetto e la sua
abitudine a bere molto o poco nell’arco della giornata.
Le acque minerali sono vincolate per legge, se superano
1 mg/l, ad inserire nell’etichetta la scritta “acqua
contenente fluoro”. Le acque minerali più comunemente
usate in pediatria sono a basso contenuto di fluoro e
non vanno quindi ad influenzare l’apporto totale di
fluoro.
Incidenza di carie ed evoluzione dei trend
Secondo i dati italiani del 1996 raccolti in
modo randomizzato in 10 regioni, quindi rappresentativi
della realtà territoriale, l’indice di carie (DMFT)
nella popolazione infantile era di 2,12. Tale valore è
inferiore all’obiettivo di prevenzione per il 2000,
definito dall’OMS ad Alma Alta nel 1980: DMFT uguale o
inferiore a 3 a 12 anni e 50% dei bambini esenti da
carie a 6 anni. Riguardo però a quest’ultimo obiettivo,
i bambini totalmente sani sono risultati solo il 5%. In
Italia si è quindi ottenuto un buon declino della carie,
ma con possibili margini di miglioramento rispetto agli
obiettivi del 2000. Dati molto più recenti, raccolti nel
2001 nell’area di Varese, fanno invece registrare un
DMFT di 1,35 ed un 62% di bambini sani; questi sono però
dati particolarmente positivi e del tutto eccezionali.
L’OMS ha già fissato gli obiettivi da raggiungere nel
2010: il 90% di esenti da carie a 5-6 anni e un DMFT
uguale o inferiore ad 1.
Linee
guida sulla fluoroprofilassi in Italia e schemi
posologici da consigliare
Prevenire la carie ancor prima dell’uso del
dentifricio è senza dubbio la strategia più logica e
razionale. Effettuare una prevenzione efficace prima
dell’uso topico del fluoro, per poi passare al
dentifricio quando si è formata la dentatura definitiva,
è un passo avanti dal punto di vista pediatrico per
proteggere anche la dentatura decidua e non solo quella
permanente. Poichè è noto che la carie della dentatura
da latte influisce sulla dentatura definitiva, si è
cercato di razionalizzare i percorsi per arrivare a dosi
minime di somministrazione di fluoro che siano
protettive per la carie ed allo stesso tempo mettano a
riparo dalla fluorosi, comunque molto lontane dalla dose
che oggi si ritiene a rischio di sovradosaggio cronico,
pari a 5 mg/l. E’ inoltre importante sottolineare il
fatto che la fluoroprofilassi sistemica, stando attenti
a non sommare altre fonti di fluoro, consente una
somministrazione misurabile, e quindi controllata, di
questo prezioso elemento, impossibile da ottenere
bevendo acqua fluorata e usando dentifricio al fluoro.
Se si utilizza un’acqua minerale a basso contenuto di
fluoro e si assume la giusta dose come profilassi, un
bambino in Italia non rischia di assumere fluoro da
altre vie. I cibi contenenti questo elemento sono
infatti pochissimi: principalmente il thè, che però nel
nostro paese viene scarsamente consumato, ed il pesce
azzurro, che tuttavia è molto grasso e pertanto non
viene utilizzato nell’alimentazione dei bambini prima
dei 5-6 anni. Ma qual’è la giusta quantità di fluoro da
somministrare per ottenere un effetto protettivo senza
effetti di sovradosaggio? La posologia raccomandata è la
seguente:
-
Da 2 settimane a 2 anni
1 compressa da 0,25 mg o l’equivalente in gocce;
-
Da 2 a 4 anni 1
compressa da 0,5 mg con l’indicazione di usare
dentifrici non contenenti fluoro;
-
Da 4 a 12 anni 1
compressa da 1 mg
Non
vi è alcuna controindicazione a seguire la
fluoroprofilassi anche in età adolescenziale ed adulta.
Riguardo al rischio di sovradosaggio derivante dall’uso
concomitante di un dentifricio al fluoro, va segnalato
che il dentifricio viene utilizzato in quantità
modestissima, quasi nulla, sotto i 3 anni, quando si è
già formato lo smalto dei denti estetici (gli incisivi);
oltre i 3-4 anni, anche se si utilizza un dentifricio al
fluoro, i dati di deglutizione sono tali che non vi è
assolutamente rischio di sovradosaggio; il bambino,
inoltre, sa sputare, annullando quindi il problema di un
potenziale sovradosaggio da effetto di somministrazione
multipla. Il
rapporto costo/beneficio Negli Stati
Uniti, il programma di fluorurazione delle acque, cioè
il programma pubblico di fluoroprofilassi, comporta una
spesa pro capite annua compresa fra 0,5 e 0,75 dollari,
pari a circa 0,52 euro (circa 1000 lire) e 0,77 euro
(1500 lire) pro capite. Da noi quanto costerebbe per
individuo un programma annuale di prevenzione sistemica?
E’ stato calcolato che la fluoroprofilassi sistemica con
gocce e compresse abbia un costo variabile da 8,46 euro
all’anno e 0,705 euro al mese (1365 lire) ad un massimo
di 20,88 euro all’anno, e 1,74 euro al mese (3369 lire)
pro capite. Questo tipo di fluoroprofilassi, su base
individuale, è più o meno conveniente di quella attuata
a livello comunitario, attraverso la fluorurazione delle
acque, come avviene negli Stati Uniti? Per rispondere
occorre ricordare che in Italia la fluoroprofilassi con
gocce e compresse, a differenza di ciò che accade
oltreoceano, viene effettuata solo sui bambini e non su
tutta la popolazione indiscriminatamente. Se si vuole
ipotizzare una spesa totale, tenendo conto che nel
nostro paese nascono circa 500.000 bambini all’anno, il
conto è presto fatto: 11750 euro al giorno,
corrispondenti a 0,02 euro pro capite al giorno (meno di
50 lire). Cifre irrisorie, se paragonate alle spese
odontoiatriche per risolvere il problema carie.
Indipendentemente dal problema economico, ciò che è
fondamentale sottolineare è che la somministrazione
regolare di fluoro per via sistemica nei primi 2 anni di
vita permette di ridurre l’incidenza della carie del
50%. E non bisogna dimenticare che la carie non
rappresenta solo un problema dentale: alcuni bambini che
perdono la dentatura decidua hanno di conseguenza
problemi di alimentazione, devono mangiare omogeneizzati
fino a 3-4 anni, manifestano spesso importanti problemi
psicologici e sviluppano infezioni continue.
La
Consensus Conference è stata realizzata con la
collaborazione di Novartis
Consumer Health
Consensus Conference realizzata in collaborazione con Novartis
Consumer Health
F. Tancredi,
Presidente della Società Italiana di Pediatria (SIP).
Segretario scientifico:
E. Polito, Dipartimento di Pediatria, UO di
Patologia Neonatale e Terapia Intensiva, Policlinico S.
Matteo, Pavia. Membri del board:
L. Strohmenger, Università di Milano,
Responsabile del Centro di Collaborazione dell’OMS per
l’epidemiologia e l’odontoiatria di Comunità.
T. Basso, Ospedale Civile di Tolmezzo (Udine),
Pediatria.
M. Triassi, Istituto d’Igiene, Policlinico
Università Federico II, Napoli.
F. Perotti,
Clinica di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico
S.Matteo, Pavia.
M. B. Regazzi,
Dipartimento di Farmacologia, Policlinico S. Matteo,
Pavia.
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