domenica 9 novembre 2008

Il linguaggio settoriale

Il linguaggio "settoriale" o "specialistico" sorge con lo scopo di utilizzare in un modo quasi "matematico" la lingua, nel senso che ad ogni parola o espressione codificata corrisponde un significato solo, ben preciso. Nasce, quindi, con l'intento di abbattere al massimo la quota di ambiguità insita in ogni lingua. Per esempio, "storia" - a seconda dei contesti - può significare "registrazione o resoconto di fatti realmente accaduti" (come accade nella frase: "Spiegami la storia dell'Impero Romano"), oppure al contrario "racconto fantasioso di fatti non accaduti realmente/menzogna" (come nella frase: "Dopo qualche anno, venni a scoprire che quello che mi aveva raccontato era solo una storia"). Nel linguaggio specialistico o settoriale è più difficile incorrere in ambiguità del genere poiché spesso si creano parole nuove, apposite, per indicare sistemi, idee, processi, strumenti (od altro) che sono tipici di quel dato ambito del sapere, senza possibilità di equivoco. E così abbiamo in medicina i termini "ptosi", "atresia", "perineo", "psoas", "encefalo", ecc. che indicano o parti specifiche del corpo o sue condizioni, suoi processi e sistemi - normali o patologici. Ci può anche essere un uso "specialistico" di termini comuni, come accade con la banalissima parola "albero", che nel linguaggio settoriale della marineria indica una certa parte di certe navi. In qualche modo, anche il linguaggio settoriale può avere delle somiglianze col gergo, nel senso che può diventare un "linguaggio-barriera" che facilita la comunicazione tra persone di una stessa cerchia o ambito, mentre la rende impossibile a chi vi è estraneo. Ma la somiglianza termina qui ed è un po' superficiale. Infatti, a riguardo del linguaggio settoriale la cerchia o ambito è più di tipo intellettuale o lavorativo e solo in subordine di tipo sociologico, mentre nel "gergo" è solitamente vero l'opposto. D'altronde, chi non fa o non conosce una certa arte o mestiere non ha bisogno di usare o di conoscere, per esempio, il "bolino" e, quindi, non ha neppure il bisogno di "chiamarlo", di "indicarlo verbalmente" ovvero "nominarlo". Intendo dire che il linguaggio settoriale, di per sé, non nasce per distinguersi o "nascondere/nascondersi", bensì per le oggettive necessità tipiche di una pratica (lavori, arti o mestieri) e/o di una teoria (studi, speculazioni intellettuali, ricerca, ecc.). Tanto è vero che, invece, la maggior parte delle espressioni gergali riguardano azioni comuni, non legate a speciali o specifici mestieri/lavori, né a particolari ambiti di conoscenza o ricerca. Insomma, nel "gergo" puoi trovare la "traduzione" o "versione" di un'azione generica come il "far scorrere/ammazzare il tempo" (cfr. "cazzeggiare"), come pure di uno stato d'animo quale la "noia" o "fastidio" (cfr. "scazzo"). Anche al proposito del linguaggio settoriale ci si può lasciare sollecitare dal dubbio già presentato a proposito del gergo: perché non ideare un corso di lingue che parta non dal linguaggio generalista, ma dal linguaggio settoriale di cui si serve abitualmente l'allievo (ammesso che si trovi in una situazione del genere ed usi già un linguaggio settoriale nella propria lingua madre, legato ai suoi studi e/o alla sua occupazione)?.... (creato il 25.12.2003 h. 17.11)

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