Preposizioni – “TRA / FRA”

Keisuke MiyagiSono un figlio degli anni Ottanta. Dannazione. Il fatto è incontestabile. Mi sarebbe piaciuto cominciare l’editoriale sulla preposizione “tra” con qualche bella metafora esistenziale, tipo roboante citazione dal Simposio sulla “metaxy” e holè, tutti a casa. O almeno qualche must, tipo incipit dantesco – «Nel mezzo del cammin di nostra vita» – o l’inevitabile Terra di Mezzo. Tutt’al più un omaggio calcistico in salsa Ligabue, Una vita da mediano, e via. E invece no. Penso alla preposizione “tra” e mi viene in mente lui, il maestro Miyagi. Sì, proprio quello di Karate Kid (1984), con le perle di saggezza orientale da filmone di cassetta e gli immancabili inviti all’equilibrio: perché l’equilibrio è la chiave di tutto, se equilibrio-è-buono karàte-è-buono, e compagnia cantando. E verrebbe da pensare che “tra” ed “equilibrio” son la stessa cosa: in medio stat virtus, l’aurea mediocritas. Banalizzazioni tipo cerchiobottismo. Poi però – sequenza storica – il maestro se ne viene fuori con la frasona: «Quando cammini su strada, se cammini su destra va bene. Se cammini su sinistra, va bene. Se cammini nel mezzo, prima o poi… STRIZZ! sei schiacciato come grappolo d’uva!». Quindi l’equilibrio non è stare nel mezzo. Per lo meno, non lo è starci fermi. E se i signori Alighieri e Tolkien, Plato e Liga, ci ricordano che la condizione umana è eminentemente mediana – un “tra” che è tragitto e traiettoria – maestro Miyagi fare presente che questo “tra” essere parecchio pericoloso. Il “tra” è transitorio. Intermedio. Instabile. Non ci si può prender casa. Incastonato in mezzo ai “da” e agli “a”, ha bisogno di un “per” o magari di un “con”. Perché “tra” non sta in piedi da solo. È la pausa tra il primo e il secondo tempo. Uno stop, un inciso prima di continuare, l’osservazione tra parentesi. È l’intermezzo musicale, oppure il dormiveglia. Tra la vita e la morte. Il limbo, l’indefinito. L’infinita lettura tra le righe: l’interpretazione. Una preposizione anfibia, perché come loro non è carne né pesce. Sta sul bagnasciuga. E lì si decide. Se morire di fame come l’asino di Buridano, che resta intrappolato nell’immobilismo “tra” troppe possibilità, o trasformarsi… completare la traversata… lasciandosi il “tra” alle spalle. Ritrovarselo di fronte. E continuare a camminare tra la gente.

Leggi i 4 commenti a questo articolo
  1. Lorenzo ha detto:

    Che bello questo editoriale! :)

  2. Andrea Monda ha detto:

    davvero splendido.. devo rileggerlo!

  3. Pierpaolo De Mejo ha detto:

    Bellissimo!!! Sarà che sono anch’io figlio degli ’80

  4. mario ha detto:

    Sono nato negli anni 50 del secolo scorso, ma mi ritrovo in pieno in questo editoriale, perchè noi umani non abbiamo radici ma piedi, quindi anche si sta nel mezzo bisogna continuare a camminare.

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