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Per diversi secoli le strade dell’Europa medioevale, spesso impervie e disagevoli, sempre insicure e infestate di briganti, sono state solcate da migliaia di pellegrini che apparentemente senza spiegazione si mettevano in moto verso luoghi pregni della spiritualità della fede cristiana.Si viaggiava a piedi per 20/25 chilometri al giorno verso la Terra Santa o verso Roma,al cospetto della tomba di Pietro, o verso Santiago di Compostela dove pare sia sepolto l’apostolo Giacomo. Dante Alighieri ci spiega che pellegrino era soltanto chi viaggiava verso Santiago, palmiere colui che andava in Terra Santa e romeo chi si dirigeva su Roma;tutti animati da due principali motivazioni:quella devozionale e quella penitenziale.Ci si recava nel luogo santo , quindi, o per attuare una profonda conversione o per espiare una colpa ritenuta assai grave, quale un assassinio,un adulterio,una frode(con facile ironia si potrebbe così dare una spiegazione all’affollamento odierno che si riscontra attorno a Roma.anche se di gente esclusivamente motorizzata). Da alcuni anni si sta affermando la riscoperta del pellegrinaggio come viaggio esteriore e nel contempo interiore, come ricerca di fede o semplicemente di misticismo o soltanto come voglia di intuire sotto il manto delle moderne strade, in mezzo a nuove abitazioni oppure all’ombra di antichi manieri e conventi il tracciato di una via su cui ha marciato per secoli la fede cristiana. Sulla via del pellegrinaggio si era messo in moto un fatto di grande importanza sociale nel medioevo, la carità e disponibilità verso i pellegrini, la conoscenza tra genti diverse e lontane,lo scambio culturale.Il pellegrinaggio segna la nascita dell’Europa come vasta terra di arte e cultura, ma anche di commercio e progresso, la via Francigena è l’asse portante di tutto questo.

Sulla scorta di queste considerazioni un noto collezionista , amatore ed esperto di automobili veterane, e per veterane intendo auto del primo ventennio del secolo scorso, Gaetano Rastelli, non nuovo a viaggi estremi con questo tipo di veicoli, elabora all’inizio del 2009 la pazza idea di percorrere la via Francigena da Canterbury a Roma (circa 1850 km) con un manipolo di fedelissimi a bordo di vetture assai datate (la più giovane del 1932, la più anziana del 1914) .Dunque niente cammino a piedi, in bicicletta o a cavallo come il copione prevederebbe, ma 10 lunghe tappe con autoveicoli di grande fascino e affidabilita’ tutta da provare.

Una bisarca trasporta le auto a Canterbury il 28 luglio, gli equipaggi sono pronti alla partenza la mattina seguente esattamente di fronte alla porta della magnifica abbazia con le loro vetture, accolti con calore insperato per una benedizione (assolutamente gradita e poi rivelatasi efficace) impartita da un vescovo anglicano donna.

Lasciamo le bianche scogliere di Dover per immergerci nella splendida campagna francese, assolata e solitaria, accogliente e maestosa come la stupenda cattedrale di Reims che ci vede ai suoi piedi per l’ennesima foto ricordo. Teniamo una media decisamente bassa, attorno ai 35/40 km ora, ma i motori frullano con regolarità, gli inconvenienti meccanici sono pochi e tutti rimediabili sul posto grazie all’intervento di due valentissimi esperti che si prodigano per gli equipaggi in difficoltà, proprio nello spirito del pellegrinaggio.

Il 2 agosto costeggiamo il lago di Losanna e cominciamo a salire per le ardite rampe del Gran San Bernardo; tutte le auto riescono a raggiungere il famoso ospizio posto a 2570 metri senza soverchie difficoltà per trascorrere la notte all’albergo Italia, un luogo di fascino e di grande atmosfera.

I giorni in Italia volano tra città, panorami e paesaggi ben conosciuti,ma sempre ineguagliabili finchè il 7 agosto una pattuglia di ben 5 vigili urbani viene ad accoglierci alla periferia di Roma per scortarci fino a San Pietro.

L’emozione, non chiedetemi perché, coglie tutti noi e si scioglie solo dopo la benedizione che il gruppo riceve al cospetto della Basilica.

Certo non abbiamo mai camminato né pedalato, abbiamo usato mezzi inconsueti e forse bizzarri per

compiere il nostro pellegrinaggio , ma lasciateci dire che di pellegrinaggio si tratta.


P.S: non vorrei si pensasse che non abbiamo avuto proprio nessuna difficoltà, così vi confesso che sia il capogruppo che l’addetto al carro scopa non erano dotati di telefono cellulare, forse per rimanere in qualche modo nello spirito degli antichi pellegrini. Fatto sta che il tempo perso per ricompattare il gruppo è stato davvero molto……. Padova 18 agosto 2009 Daria e Paolo Prati