giovedì 19 novembre 2009

Il Cuore di Farfalla dentro ognuno di noi: anche delle persone diversamente abili


Ivana Botticelli è una giovane autrice di Benevento, amante della scrittura e del mondo di internet. Dalla nascita è affetta da una grave disabilità e con la sua grande forza d'animo si batte per i diritti e una migliore vivibilità sociale delle persone disabili. Nel 2005 esordisce con una prima edizione del suo libro “Cuore di Farfalla”, poi rivista e arricchita di una raccolta di poesie, affiancata da un cortometraggio del giovane regista Lorenzo D'Amelio. Ivana si definisce una donna volutamente “provocante e piena di sentimenti” che cerca di raccontare nel suo libro perché le emozioni non hanno e non fanno differenze e si muovono liberamente, al di là delle difficoltà corporee. Nella sua intervista Ivana Botticelli ha cercato di raccontare le sue esperienze di vita, i suoi ostacoli quotidiani e la sua voglia di vita libera come una farfalla.


Solitamente nell'immaginario collettivo quando si parla di farfalle si pensa alle ali, perché hai scelto il cuore di una farfalla per il titolo del tuo libro?

Premetto che io adoro le farfalle, perché mi danno un senso di libertà, e di bellezza. È pur vero che la loro vita non dura altro che ventiquattro ore, e penso che in queste poche ore esse possono raggiungere quella felicità che noi rincorriamo nel corso della nostra lunga vita, e che forse non raggiungeremo mai. A parte questo motivo che mi ha spinto a scegliere questo titolo, c’è n’è anche un altro. Ascoltando una canzone per me bellissima di Michele Zarrillo “L’elefante e la farfalla” in quel testo mi sono rispecchiata, ed ho visto in quelle parole ciò che proviamo noi, diversamente abili, in questa società basata solo sull’apparire, non guardando nei nostri cuori. Questa canzone parla di un elefante che si innamora di una farfalla, ma lei non ricambia il suo amore perché si sente bella e non vuole sprecare il suo tempo con un elefante essendo lui grosso e pesante da seguirla, e in una parte del testo l’elefante dice alla sua amata farfalla: “dentro di me ho un cuore di farfalla e non potrai vedere mai quanto lui ti somiglia.” Se riflettete è davvero così, perché noi persone con handicap abbiamo voglia di vivere come gli altri, amori, amicizie, lavoro etc etc. ma la società è un po’ come quella farfalla, si avvicina a noi “elefanti” ma quando abbiamo bisogno di lei, lei vola via spezzandoci il cuore.

Se dovessi citare tre aspetti del tuo libro per invogliare il lettore alla lettura, cosa metteresti in evidenza?

È un piccolo “diario” con parole semplici e scorrevoli, di una donna che non vuole vivere passivamente le sue giornate, che vuole affermarsi con le sue idee, i suoi sogni, anche se è difficile riuscirci, ma ci vuole provare, è un libro vero senza tabù. E' stato anche oggetto di vari incontri con molti giovani di scuole medie e superiori della mia città e provincia (Benevento) e la cosa che mi ha colpito è stata che ragazzini delle scuole medie sono più sensibili ed interessati di tante persone adulte che dicono di sapere o fare. Quindi c’è speranza nella prossima generazione affinché scompaiano per sempre questi pregiudizi. Forse è solo una speranza, un’utopia ma se non abbiamo neanche questa piccola luce a cosa serve vivere!? Un altro aspetto che potrei citare, è quello di mia madre, una donna che potrei definire MADRE CORAGGIO! Che non si è mai abbattuta pur avendo avuto una vita dura, una giovane vedovanza e tre figli da allevare tra cui me con i miei mille problemi, ma mi ha dato tanto coraggio, tanto amore, mi ha sempre trattata da persona “normodotata” , è vero, mi ha anche un po’ viziata, ma quale mamma non vizia i propri figli? Soprattutto se sono ultimogeniti. Però quando era necessario mi sgridava anche. Vi sto un po’ raccontando di mia madre per farvi capire che non si è mai vergognata di avere una figlia “diversa”, e se oggi sono di mentalità libera lo devo a lei. Vorrei gridare un GRAZIE MAMMA ovunque essa sia! Ma non solo per avermi dato tutto il suo amore ma anche per avermi regalato una sorella fantastica che ha proseguito il suo cammino dandomi il suo stesso calore da quando è andata via.

Il giovane regista Lorenzo D'Amelio ha tratto dal tuo romanzo un cortometraggio. Credi che il mondo della cultura e dell'informazione trattino in modo adeguato il tema della disabilità o bisogna fare di più?

Eravamo intenzionati a fare la seconda edizione di “Cuore di farfalla” visto il successo della prima, in questa nuova edizione ho aggiunto una raccolta di poesie fatte nel corso della mia vita, io le definisco piccoli pensieri, frammenti di vita. Volevamo creare oltre alla scrittura qualcosa che desse immagini a quelle parole stampate, ma non sapevamo cosa e come fare, ne parlai con un amico che si occupa di grafica. All’inizio pensò di fare lui qualcosa di carino, ad esempio un video con mie immagini, ma poi ebbe la grandiosa idea di presentarmi Lorenzo. Lorenzo ed io insieme ad altre persone parlammo per diverse settimane per metterci d’accordo su cosa e come si volesse realizzare un progetto che desse davvero il giusto sapore a ciò che volevamo far uscire fuori. Fu davvero una sorpresa per tutti noi nel vedere il suo operato, ha saputo creare un cortometraggio che non sa di pietismo ma allo stesso tempo emoziona, ed è riuscito a capire cosa io volessi mandare alla gente con semplicità e sensibilità che hanno solo poche persone e lui è uno di quei pochi. Ma ahimè non è stato possibile commercializzare per mancanza di denaro, ma noi lo stiamo pubblicizzando in varie manifestazioni, o convegni sociali, o festival di cortometraggi. Come dico sempre quando vado a dei convegni nella mia zona, i media non parlano abbastanza del mondo della disabilità, o se se ne parla si parla in modo sbagliato, come se noi fossimo cittadini di serie b o addirittura di serie c, e mi riferisco alla categoria delle persone con handicap più o meno gravi come la mia patologia “tetraparesi spastica”. Molti pensano che questo tipo di patologia sia uguale per tutti i soggetti colpiti, ma si sbagliano, per questo c’è bisogno di più cultura di più spazi in tv, alla radio, sui giornali, film, ma dovrebbero essere curato nei minimi particolari, e non farne un commercio per far commuovere i cittadini, ma come una vera cultura.

Tu ti sei spesso battuta affinché i disabili possano vivere a pieno “una vita normale”. Cosa c'è da fare a livello delle istituzioni ed a livello sociale per far si che ciò avvenga?

Dunque io nel mio piccolo cerco di far sentire la mia voce scrivendo di tanto in tanto articoli su di un quotidiano della mia zona. Molte volte vengo anche demoralizzata da alcune persone e dai miei stessi compagni di sventura, perché dicono che tanto non serve a nulla farmi sentire, perché noi siamo e resteremo sempre cittadini di classe inferiore, e che dobbiamo essere grati a chi ci ama etc. etc. In parte le loro parole non sono del tutto sbagliate perché come ho già detto prima la società per noi fa pochissimo, ma se nessuno di noi si fa sentire come può la gente conoscere il nostro mondo!? Penso di essere una piccola goccia nel mare della vita, ma anche una goccia aumenta il mare e lo rende ancora più bello. A livello istituzionale e sociale ci sarebbe moltissimo da fare, soprattutto nel sud. Una cosa tra le tante è abbattere le barriere architettoniche, perché il sud ha dei posti meravigliosi da visitare, ma per chi è in carrozzella è molto complicato arrivarci, e non mi sembra giusto privarsi di tante meraviglie, o andando in qualche pub per chi ha la fortuna di avere amici, e trovarsi o con davanti dei gradini o con dei bagni non adatti alle nostre esigenze, oppure per andare nei negozi, essi sono troppo piccoli e se magari ci si riesce ad entrare gli altri non possono passare. Se non ci fossero i centri commerciali come avremmo fatto ad andare a fare le nostre spese?! Per non parlare poi degli uffici pubblici. Ma penso sempre una cosa: se prima non si abbattono le barriere mentali non potranno mai abbattere tutte le altre.

Francesca Ragno

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