Collana editoriale diretta da Alessandro Vallarino. Email: assistenza.medicina.societa@gmail.com

Il manicomio di Racconigi e la sua storia

Ad un anno dalla presentazione del progetto editoriale Assistenza, medicina, società alla Fiera del Libro di Torino, pubblichiamo per l'attualità dei temi trattati l'intervento che in quella occasione propose Alessandro Vallarino, direttore della collana nonchè dirigente medico del Dipartimento di salute mentale dell'Asl 17 Fossano-Saluzzo Mondovì.

Ringrazio tutti voi per la vostra presenza che è un segno incoraggiante di interesse e curiosità per questa nostra iniziativa. Il dott. Gazzera per l’affettuoso sostegno che dà anche a questa parte del mio lavoro. I nostri illustri ospiti, gli editori, Alessandro e Fabrizio Dutto, la Fondazione del Libro per l’attenta disponibilità dimostrata. Massimo Moraglio, che oggi non può essere presente per cui lo sostituisco, e Massimo Tornabene per l’entusiasmo con cui hanno accolto le mie proposte. Ho molte cose da dire ma preferirei rispondere alle vostre domande. Il mio mestiere è la psichiatria clinica, mi occupo di persone e dei loro programmi terapeutici, di operatori, di un centro che ha sede in Racconigi dove si svolgono interventi di riabilitazione. Sono qui per partecipare alla presentazione di questi due volumi, che sono uno dei frutti locali di un rinnovato interesse per la storia recente della psichiatria, che è più generale tanto che, come sapete, di recente è arrivato su palcoscenici teatrali – penso ad Ascanio Celestini – e perfino al festival di Sanremo. Non ho mai lavorato in manicomio, ho iniziato ad occuparmi solo dieci anni fa di persone – pazienti e operatori - che ci hanno vissuto, anche a lungo, li ho incontrati nella fase di transizione del loro passaggio dalla vetusta istituzione al “nuovo”, inteso come un nuovo spazio di vita, nel territorio. Il mio interesse per la storia della psichiatria nasce allora: dalla curiosità di conoscere quali memorie custodiva quel luogo dove iniziavamo ad operare – il centro di cui vi dicevo ha sede nei locali che un tempo ospitavano il refettorio delle Suore in servizio al manicomio. Abbiamo recuperato dagli scantinati, letteralmente, mobili, archivi, cartelle cliniche, fotografie, pubblicazioni, il dott. Gazzera ha recuperato bobine girate in Super8 negli anni cinquanta. Di tutto questo è iniziato un paziente lavoro di recupero che negli anni ha dato luogo ad un progetto della Soprintendenza Archivistica del Piemonte, a tesi di laurea, ad una giornata del FAI che sotto la guida di Massimo Moraglio e Gianfranco Capello ha fatto un primo punto della situazione. Soprattutto abbiamo raccolto racconti, esperienze di ex degenti ed ex infermieri, e ci siamo preoccupati di due cose: da una parte integrare tutto questo scavo con il lavoro riabilitativo quotidiano e dall’altra offrire al pubblico i risultati di questa integrazione. Un gruppo di studenti universitari torinesi ha girato un cortometraggio, sotto la guida di un giovane regista racconigese, gli amici della compagnia teatrale Progetto Cantoregi hanno realizzato due produzioni di teatro sociale e teatro della memoria, accogliendo tra gli attori ex degenti ed ex infermieri. Ognuna di queste iniziative è stata favorita da un intenso riscontro, e devo dire che gli spazi del vecchio ospedale psichiatrico di Racconigi riscuotono una costante curiosità – penso ad esempio agli studenti dei corsi di laurea delle professioni sanitarie ed alle decine di visite guidate che mi hanno chiesto. Infine, abbiamo presentato il nostro progetto di ricerca sull’ex ospedale psichiatrico di Racconigi a Torino Capitale Mondiale del Libro con Roma, perché la storia e lo stato del Neuro ci sembravano emblematiche e rappresentative per l’intera provincia di Cuneo. Il problema degli ex ospedali psichiatrici oggi riguarda soprattutto il loro ri-uso: da questo punto di vista le potenzialità sono enormi, tanto quanto i problemi urbanistici che rappresentano e la mole di investimenti che la loro realizzazione richiede. Noi abbiamo avanzato qualche proposta: il parco dell’ex ospedale psichiatrico di Racconigi dal 2001, d’estate, accoglie una rassegna teatrale che mi pare sia in costante crescita, si chiama La Fabbrica delle Idee ed il titolo vuole omaggiare il passato – negli anni sessanta il sarcasmo dei racconigesi lo chiamava così – ma anche il presente – la necessaria propulsione creativa a pensare un futuro per questo luogo. Questi libri e le ricerche che stiamo progettando per il futuro sono un modo per dire che almeno una quota dei progetti di recupero di aree urbane come quella del manicomio di Racconigi, a nostro parere, dovrebbe essere rivolta al recupero della memoria. Perché vedete, lo scrivo meglio nell’introduzione al primo volume, non vale sostenere che è anacronistico o peggio pleonastico continuare ad occuparsi del manicomio, perché ormai non c’è più, è superato. Il manicomio non un è monolite, come dice Francesco Cassata nell’introduzione ad un altro bel libro di Massimo Moraglio, “né un apparato di oppressione classista privo di sfumature e contraddizioni, ma un luogo di molteplici conflitti e di divergenti scelte strategiche, in cui la tradizionale figura dello psichiatra, come unico capitano della nave dei folli, lascia il campo ad un mosaico di dinamiche, che comprende, oltre ai medici, i funzionari amministrativi, le pubbliche amministrazioni, gli ingegneri civili, i geometri, gli speculatori fondiari, i soggetti economici, i cittadini”. Come dice un altro amico e studioso di storia della psichiatria, Paolo Peloso, il manicomio è una realtà immanente, che nei rapporti tra assistenza, medicina e società, che è il titolo della collana generosamente inaugurata da Araba Fenice, può facilmente riprodursi nelle odierne pratiche quotidiane. Per questo motivo studiarlo non è un accessorio erudito ma un’imprescindibile fondamento della pratica. Il primo volume, Effimeri entusiasmi e quotidiane sofferenze, prova a raccontare il processo che ha condotto all’apertura ed al primissimo funzionamento del manicomio di Racconigi, nel lontano 1871 e proprio nella prospettiva di questi rapporti. Ma voi non sapete quale stupore ho provato accorgendomi di quanta attualità fossero intrise le pagine degli Atti del Consiglio Provinciale di Cuneo, le considerazioni che guidavano gli amministratori di allora nella scelta di aprire il manicomio. Un esempio su tutti, che forse non ha trovato posto nel volume: parla il consigliere Bernardi, la seduta è quella del 20 giugno 1870, deve spiegare agli altri consiglieri della Provincia, dubbiosi e preoccupati, il piano economico generale per l’impianto del manicomio: “la Commissione fu animata dai principii dell’economia e cercò di evitare lo spreco del denaro. È vero, elevò a cento il numero dei ricoverandi nel primo impianto. Ma nell’esame di tale questione non dobbiamo dimenticare che la Provincia è spinta da una grande necessità, non ha la libera scelta del meglio. Deve provvedere ad un congruo numero di letti, è una questione di umanità, per evitare ciò che accadde testè in Vicoforte, quando una maniaca rimase mesi in carcere, senza cura. Del resto, ad opera compiuta la spesa sarà di 80 mila lire, per ospitare tutti i 250 ricoverati a cui la Provincia ha stimato dovrà provvedere: ma un locale che conteneva 600 allievi dell’ex Collegio Militare oltre agli insegnanti, educatori e amministratori, sarà capace di almeno cinquecento maniaci, e così di riceverne a pensione dalle altre provincie, che hanno il problema del soprannumero. Ora si ritenga che il minimo della pensione, come si paga al manicomio di Torino, è di lire 1,25 al giorno, mentre altrove si paga anche di più, e si ritenga che il Governo corrisponde 99 centesimi al giorno agli ospedali per i militari infermi, con vantaggio degli stessi ospedali. Si ritenga infine che deve evitarsi il lusso e rimanere nella semplicità della cura e del vitto che corrisponde alla condizione sociale dei ricoverati, e sarà facile prevedere che la Provincia dovrà trarne guadagno”. A due anni dall’apertura del Manicomio, il numero dei ricoverati proveniente dalla sola provincia di Cuneo ascenderà a più di trecento, nel 1878 il saldo tra ammissioni e dimissioni raggiungerà a fine anno un’occupazione di quattrocento posti letto per superare i cinquecento nel 1892, con una spesa annua di 225.000 lire (il direttore medico ne guadagnava 500 al mese, un infermiere 30, un litro di vino costava 20 centesimi, chi poteva permetterselo per un giorno di ricovero pagava poco più di una lira) e con una progressione inarrestabile che renderà irrimediabilmente vano ogni sogno di guadagno. Da lì in avanti, per i successivi 120 anni, il manicomio rappresenterà un terribile problema per le finanze pubbliche, fino a che la sua definitiva chiusura (che non avvenne nel 1978 ma venti anni dopo) sarà sancita proprio da una legge finanziaria.
Alessandro Vallarino

Referenze

Collana editoriale promossa dal Centro Studi Interdipartimentale in Psichiatria dei Dsm della Provincia di Cuneo. I volumi sono editi da Araba Fenice edizioni http://www.arabafenicelibri.it/ Per contatti: assistenza.medicina.societa@gmail.com