L’ECG è la registrazione dell’attività elettrica del cuore. È costituito da 12 derivazioni: D1, D2, D3, aVR, aVl, aVF , le periferiche che esplorano il cuore sul piano frontale e V1, V2, V3, V4, V5, V6, le precordiali che esplorano il cuore sul piano orizzontale.
REGISTRAZIONE: si fa stendere il paziente supino sul letto a torace nudo e si applicano gli elettrodi ai polsi e alle caviglie per le derivazioni periferiche ( rosso per il polso dx, giallo per il polso sn, nero per la caviglia dx e verde per la caviglia sn) e nell’area precordiale per le derivazioni omonime:
- V1 quarto spazio intercostale sulla marginosternale dx
- V2 quarto spazio intercostale sulla marginosternale sn
- V3 quinto spazio intercostale sulla parasternale sn
- V4 tra V3 e V5
- V5 quinto spazio intercostale sull’emiclaveare sn
- V6 quinto spazio intercostale sull’ascellare anteriore sn.
L’ECG, come già detto, registra l’attività elettrica del cuore. La depolarizzazione ha origine nel nodo seno-atriale situato nell’atrio destro e dotato di una sua automaticità. Da qui la corrente elettrica si dirige verso sinistra e in basso andando a depolarizzare entrambi gli atri (tramite il fascio di Bachmann) e quindi, dopo aver raggiunto il nodo atrio-ventricolare, si porta a depolarizzare i ventricoli. La depolarizzazione atriale e ventricolare causano rispettivamente l’onda P e il complesso QRS tipici dell’ECG normale. L’ondata di ripolarizzazione, sul tracciato, non è evidente per quel che riguarda gli atri ma è visualizzabile come onda T per quel che riguarda i ventricoli. Ogni tracciato è quindi costituito da una tripletta di onde P, QRS, T che si ripete ritmicamente ad una frequenza di 70 battiti al minuto.



come si legge un elettrocardiogramma
• La prima cosa da guardare è il ritmo, se è normale è detto sinusale ed è caratterizzato dalla presenza dell’onda P in tutte le derivazioni e dalla necessità che l’onda P sia positiva in D2 e negativa in aVR. Spiegazione: l’attività elettrica che origina dal nodo seno-atriale procede necessariamente verso il basso e a sinistra. La derivazione D2, rispetto al cuore, è posta in basso e a sinistra mentre aVR è in alto e a destra.quindi l’onda si dirige verso D2 e si allontana da aVR. Nella derivazione che vede avvicinarsi l’onda il pennino dell’elettrocardiografo segna una deflessione positiva mentre nella derivazione che vede allontanarsi l’onda il pennino segna una deflessione negativa.
• la seconda cosa da fare è misurare la frequenza cardiaca. Per far ciò è sufficiente riconoscere i complessi QRS. Se 2 QRS tra di loro distano 3 quadratini (quindi 15mm) la frequenza cardiaca è calcolata come il rapporto tra 300 e questo numero, quindi 100 bpm (battiti per minuto). Questo metodo è però attendibile solo se la distanza tra essi rimane costante. Se c’è un’aritmia è più consono utilizzare un altro metodo che consiste nel considerare 6 QRS consecutivi, contare i quadratini da 5 mm compresi tra il primo e il sesto complesso e dividere 1500 per questo numero.
Si considera tachicardia una frequenza > 100 bpm e bradicardia una frequenza <>la fibrillazione atriale: si basa sulla difficile o impossibile identificazione delle onde P, la linea isoelettrica (quella tra un’onda e l’altra) non è più rettilinea ma è caratterizzata da costanti dentellature. L’intervallo tra i complessi QRS è variabile, le onde P non sono visibili ma sono sostituite da due o più ondulazioni che simulano le onde P ma non lo sono (onde f), che sono maggiormente evidenti in V1.E’ un’aritmia molto frequente. L’attivazione elettrica atriale in questi pazienti è completamente disorganizzata ed è costituita da 350-600 onde al minuto così piccole da essere invisibili o apparire come fini ondulazioni. Molti dei 350-600 impulsi atriali vengono bloccati a livello del nodo atrio-ventricolare e non raggiungono i ventricoli. Quelli che lo superano lo fanno in modo disordinato e sono responsabili della variabilità della distanza tra i complessi QRS. Il riscontro di questa aritmia deve far sospettare la presenza di una cardiopatia con ingrandimento atriale: stenosi e/o insufficienza mitralica, miocardiopatia dilatativa, pericardite e coronaropatia oppure può essere secondaria a ipertiroidismo. Deve essere trattata con farmaci anticoagulanti perché espone al rischio di ictus cerebrale. La fibrillazione striale con tachicardia deve essere trattata con digitale, beta-bloccanti o calcio-antagonisti per rallentare la frequenza ventricolare.
- dilatazione e ipertrofia cardiaca: un sovraccarico ventricolare destro può condurre ad un aumento dell’onda P mentre un sovraccarico atriale sinistro determina una tipica onda P bifasica in V1 con un’ampia componente negativa o un’onda P allargata spesso seghettata in una o più derivazioni agli arti. L’ipertrofia ventricolare destra è dovuta a un carico pressorio per stenosi della valvola polmonare o ipertensione arteriosa polmonare. Spesso presenta una depressione del segmento ST e un’inversione dell’onda T nelle terminazioni precordiali di dx o intermedie. Questo tracciato è attribuito ad anomalie della ripolarizzazione del muscolo ipertrofico. Il cuore polmonare acuto conseguente ad embolia polmonare è associato ad un tracciato ECG normale oppure a determinate anomalie tra cui: l’asse QRS spostato a dx, scarso aumento dell’onda R e inversione dell’onda T da V1 a V4. Il cuore polmonare cronico, dovuto ad una patologia polmonare ostruttiva, provoca, in maniera tipica, onde R piccole nelle derivazioni precordiali dx o intermedie dovute ad uno spostamento verso il basso del diaframma e del cuore. Infine l’ipertrofia ventricolare sinistra determina un’ampiezza delle forze elettriche dirette posteriormente verso sinistra. Anomalie della ripolarizzazione possono provocare un’onda R pronunciata, una depressione del segmento ST e un’inversione dell’onda T.
- blocco di branca sinistro il suo riconoscimento si basa sull’analisi della morfologia e della durata del QRS nelle derivazioni precordiali e periferiche. La durata del QRS deve essere maggiore o uguale a 0.12 sec, si ha un’onda R piccola con un’onda S molto profonda da V1 a V5 e un’onda R larga e con un plateau in D1 e aVL. Il blocco è localizzato nella branca sn prima della biforcazione nei due fascicoli anteriore e posteriore. L’attivazione del ventricolo sn avviene lentamente attraverso il miocardio contrattile. Lo stimolo elettrico arriva al ventricolo sn dal ventricolo dx che è attivato normalmente attraverso la branca dx. Si associa quasi sempre a cardiopatia: ipertensione, cardiomiopatia ipertrofica o dilatativa, valvulopatia aortica.
- blocco di branca destro bisogna valutare la forma del QRS in V1 che termina con un’onda positiva chiamata R’ di ampiezza e larghezza maggiore rispetto alla prima onda R positiva. Il complesso è quindi RSR’. Normalmente l’attività elettrica del ventricolo destro non è evidente perché le forze elettriche generate sono contrastate e neutralizzate da quella prodotte dal più potente ventricolo sn che si depolarizza contemporaneamente. Se la branca dx è bloccata, il ventricolo dx si depolarizza in ritardo quando orai il ventricolo sn ha già completato al sua attivazione. Questo determina la comparsa di un’onda positiva finale R’. In molti casi non è associato a cardiopatia tuttavia il riscontro di tale anomalia deve indurre ad escludere l’esistenza di difetti interatriali, miocardiopatie, cuore polmonare, valvulopatie e cardiopatia ischemica.
- blocco atrio-ventricolare di primo grado per identificarlo è sufficiente identificare le onde P e misurare l’intervallo PQ. Tale misurazione si può effettuare su qualsiasi derivazione tuttavia è conveniente scegliere quella in cui la P è più evidente. Ricordando che un quadratino piccolo (1mm) corrisponde a 0.04 secondi e un quadratino grande (5mm) corrisponde a 0.20 secondi, un intervallo PQ normale misura dai 3 ai 5 quadratini piccoli e cioè 0.12-0.20 secondi. Si ha BAV di tipo I se l’intervallo PQ è superiore ai 0.20 secondi. L’allungamento del tratto PQ in genere è causato da un eccessivo rallentamento a livello del nodo atrio-ventricolare, che provoca l’aumento di durata del tratto isoelettrico. Nel BAV I tutti gli impulsi provenienti dagli atri attraversano il nodo A-V e raggiungono i ventricoli ma impiegano più tempo del normale. Non significa necessariamente presenza di cardiopatia ma si può riscontrare anche in bambini sani e giovani atleti.
- blocco atrio-ventricolare di secondo grado il riconoscimento richiede l’attenta analisi dei rapporti tra le onde P e i complessi ventricolari. Qualche onda P non è seguita dal QRS (non condotta) ma dopo una lunga pausa è seguita da un’onda P condotta. La maggior parte delle onde elettriche atriali raggiungono normalmente i ventricoli mentre qualche onda P si arresta a livello del nodo A-V e i ventricoli non vengono attivati. In base al comportamento del tratto PQ si distinguono due tipi di blocco A-V di II grado chiamati tipo Mobitz 1 e tipo Mobitz 2. Nel primo caso l’intervallo PQ si allunga progressivamente fino a che compare un’onda P bloccata, nel secondo caso la P bloccata appare improvvisamente senza essere preannunciata dal progressivo allungamento del PQ. Il BAV II tipo Mobitz 1 non evolve verso il blocco completo quindi la prognosi dipende dalla cardiopatia sottostante. Il BAV tipo Mobitz 2 spesso evolve in blocco completo (BAV III) e quindi può comportare l’impianto di un pacemaker.
- infarto miocardico stabilizzato: l’infarto è una necrosi ischemica. Le aree più frequentemente interessate sono il setto interventricolare e le pareti anteriore, laterale e inferiore del ventricolo sn.
infarto settale: caratterizzato da onda R assente in V1 e V2 oppure da un’onda R in V2 più bassa che in V1. Di norma l’onda R cresce da V1 a V6 per il fenomeno della propagazione dell’onda. Se il setto va in necrosi l’onda R scompare e la morfologia del QRS di V1 e V2 si trasforma in QS
infarto anteriore: si evidenzia un’onda R assente in V3 e V4 o da onde R di V3 e V4 presenti ma più piccole delle R di V1 e V2. Se la parete anteriore va in necrosi infatti l’onda R in V3 e V4 scompare e il RS si trasforma in QS. Se l’infarto è piccolo le onde R di V3 e V4 possono restare ma diventeno più piccole delle R di V1 e V2.
infarto laterale: si riconosce per la presenza dell’onda Q patologica (di necrosi) in V5 e V6. Le onde Q patologiche hanno durata maggiore o uguale a 0.04 secondi e sono profonde un terzo o più dell’onda R che le segue.
infarto laterale-alto: presenta un’onda Q patologica in D1 e aVL.
infarto inferiore o diaframmatico: è caratterizzato da un’onda Q patologica in D2, D3 e aVF o almeno in due di queste.
Trovare all’ECG segni di infarto suggerisce la presenza di aterosclerosi coronaria e di fattori che la favoriscono (ipertensione, obesità, ipercolestrerolemia, fumo, diabete mellito,…). Nei soggetti esenti da fattori di rischio e di età inferiore a 40 anni bisogna sospettare la presenza di una miocardiopatia ipertrofica o di altra natura.