giovedì 25 febbraio 2010

Didattica speciale per l'integrazione

L'integrazione scolastica degli studenti diversamente abili può essere concepita in diversi modi. Il primo livello è quello della convivenza in uno spazio comune. Anche questo primo livello in certi casi non è scontato: ne sono prova le "piccole classi speciali" che spesso si vedono in molti istituti, dove gli studenti diversamente abili trascorrono quasi tutto il loro tempo. Il secondo livello dell'integrazione è quello dell'interazione: in questo caso è in primo piano la possibilità concreta di avere momenti di socializzazione e di scambio tra lo studente diversamente abile e i suoi compagni. Anche questo secondo livello non è affatto scontato e si verifica spesso come la vita dello studente diversamente abile e dei suoi compagni proceda secondo linee parallele che non s'incontrano mai. Il terzo livello, quello ancor meno praticato, è quello dell'integrazione negli apprendimenti: questo livello è quello in cui ci si pone le domande "C'è almeno un obiettivo di apprendimento della programmazione individualizzata che può essere condiviso dai suoi compagni?C'è almeno un obiettivo di apprendimento della programmazione della classe che può entrare nella programmazione individualizzata?". Per rispondere a queste domande è indispensabile procedere ad una programmazione congiunta tra docenti curricolari e docenti di sostegno, uscendo fuori dalla logica della delega totale secondo la quale la programmazione per lo studente diversamente abile è un affare dell'insegnante di sostegno. Questi sono i temi del mio lavoro di tesi svolto a conclusione del Corso SSIS per l'abilitazione nel sostegno.

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