Da un processo per stupro

Il caso Tassi/Gentileschi a Roma fece scalpore, non per lo stupro ma perché il colpevole aveva rifiutato l'attesa riparazione.

Nel 1612 ebbe inizio il processo, protrattosi per vari mesi, e tutto ebbe inizio dalla petizione indirizzata al Pontefice dal padre. Artemisia aveva 15 anni e Agostino circa 32. La petizione così recitava: Una figliola dell'oratore [querelante] è stata forzatamente sverginata e carnalmente conosciuta più et più volte da Agostino Tasso pittore et intrinseco amico et compagno del oratore, essendosi anco intromesso in questo negozio osceno Cosimo Tuorli suo furiere; intendendo olre allo sverginamento che il medesimo Cosimo furiere con sue chimere abbia cavato dalle mane della medesima zitella alcuni quadri di pitture di suo padre et in specie una Juditta di capace grandezza. Et pechè, B[eatissimo] P[adre], questo è un fatto così brutto et commesso in così grave et enorme lesione et danno del povero oratore et massime sotto fede di amicizia che del tutto si rende assassinamento.

Artemisia dichiarò che l'anno precedente, nella sua casa di via della Croce, il suo insegnante di prospettiva l'aveva violentata. In seguito l'aveva illusa di sposarla - facendo sì che la ragazza si comportasse more uxorio - ma quando lei ebbe scoperto l'inganno, ne informò il padre che ricorse in giudizio.

La giovane dovette confermare l'accusa subendo un ulteriore interrogatorio sotto tortura: quando le legarono le cordicelle alle dita gridò al Tassi: Questo è l'anello che mi dai, e queste sono le promesse!

Inoltre il processo rivelò la discutibile situazione personale di Agostino Tassi. L'amico Stiattesi affermò di averlo conosciuto quando viveva a Livorno ed era ammogliato con certa Maria, la quale gli fuggì con un suo drudo. Egli dopo averla cercata invano, saputola nel Mantovano la fece uccidere da sicari. Quando fu abbandonato dalla consorte venne a Roma con la cognata [allora quattordicenne] e nell'anno precedente a questa deposizione fu querelato per incesto (i rapporti sessuali con una cognata, essendo viva la moglie, erano considerati incestuosi). So che amava Artemisia da cui aveva avuto un quadro figurante una Giuditta. Gli aveva detto non di poterla sposare perché credeva che il Cosimo [Quorli] ne avesse pure profittato.

Al processo per incesto (un anno prima di questo per stupro) la sorella di Agostino, Olimpia, così aveva dichiarato: questo mio fratello è un furbaccio et un tristo che non ha mai voluto fare bene sino da piccolo et perciò se ne andò via fuori di Roma a Livorno et si troveranno scritture et processi delle furberie che ha fatte quando è stato fuori Roma.

Tassi si difese debolmente dalle accuse, affermando che la moglie era morta non so come e quando, poiché io la lasciai a Lucca e che Gentileschi e Stiattesi, un tempo suoi amici, avevano montato tutte queste accuse per evitare di restituirgli il denaro che aveva prestato loro.

Tassi scontò otto mesi nella prigione di Corte Savella ma alla fine il caso fu archiviato.

Indubbiamente ad Artemisia costò molta fatica riabilitarsi, tramite un matrimonio ma soprattutto tramite la carriera, agli occhi della società dalla vicenda dello stupro. Non tutti ebbero comprensione per le sue traversie: crudele e volgare suona in tal senso l'epitaffio dedicatole dai veneziani Giovan Francesco Loredano e Pietro Michiele (Venezia 1653), in cui si ironizza sul suo nome Arte / mi / sia / Gentil / esca: 

Co'l dipinger la faccia a questo e a quello Nel mondo m'acquistai merto infinito Nel l'intagliar le corna a mio marito Lasciai il pennello, e presi lo scalpello Gentil'esca de cori a chi vedermi Poteva sempre fui nel cieco Mondo; Hor, che tra questi marmi mi nascondo, Sono fatta Gentil'esca de vermi. Agostino Tassi
Dopo l'affare Gentileschi Tassi continuò ad accumulare processi e violenze. I suoi infortuni giudiziari erano sulla bocca di tutti a Roma, nel suo curriculum vitae comparivano stupro, incesto, sodomia, furti, debiti e accuse (mai provate) di omicidio, ma la sua reputazione non ebbe reali conseguenze sul suo lavoro. Tassi era abilissimo quadraturista, pittore di prospettive, oltre che autore di paesaggi, marine, battaglie. La sua bottega a Roma era frequentata da molti artisti, italiani e stranieri, soprattutto fiamminghi. Proprio in quel periodo stava nascendo la tradizione dei capricci architettonici, genere destinato ad una grande fortuna nel secolo XVIII. Il pittore infatti ebbe molte commissioni dalle più prestigiose famiglie patrizie romane, come i Peretti, i Rospigliosi, i Lancellotti, i Ludovisi, i Pamphili e decorò alcune stanze e una cappella privata al Quirinale (residenza del Papa).

Papa Innocenzo X una volta disse che di tutti i pittori con cui aveva avuto a che fare, solo Agostino Tassi non l'aveva ingannato: Habbiamo sempre tenuto in cattivo concetto molti di questa professione, ma, con averli praticati, ci sono riusciti onorati, e di buone qualità; avendo sempre tenuto per uno sciagurato Agostino, ci è sempre, in ogni esperienza, riuscito tale, e così non ci semo ingannati di lui.

Tassi scontò otto mesi nella prigione di Corte Savella ma alla fine il caso fu archiviato.

In seguito Agostino ed Orazio Gentileschi si riavvicinarono dimenticando l'accaduto. A quanto pare la soglia di tolleranza delle violenze sulle donne era molto bassa nella società del tempo...